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Se l'Italia fosse un Paese modello...

di Innocenzo Cipolletta

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14 agosto 2007

L'Italia funziona male, questo non è un mistero per nessuno: i servizi pubblici lasciano molto a desiderare, i costi della politica sono oltremodo elevati, l'amministrazione pubblica è pletorica e nasconde nel suo seno fannulloni e approfittatori, la corruzione è presente in molte attività pubbliche e private,l'evasione fiscale è dilagante, il rispetto delle leggi è precario e si potrebbe continuare (purtroppo). In queste condizioni, spesso si alzano le rimostranze dei cittadini onesti, che pagano le tasse e che vorrebbero vivere in un Paese normale, dove tutto ciò non avvenisse. È questa una sana reazione, ma che si ferma sempre alle enunciazioni. Proviamo allora a immaginare, per assurdo come si fa nei teoremi di matematica, cosa avverrebbe se l'Italia si trasformasse in un Paese modello, con una pubblica amministrazione efficiente, una politica non invadente, con cittadini che non infrangono le leggi, e cerchiamo di valutare alcuni degli effetti sui redditi degli italiani, un po' come fece Keynes con il suo celebre saggio sulle «conseguenze economiche della pace ». Siamo sicuri che gli italiani, nella grande maggioranza, vorrebbero questo passaggio? Siamo certi che tutti i redditi degli italiani, anche quelli guadagnati onestamente, rimarrebbero inalterati? O,dopo tanto tempo,non c'è forse una stretta relazione tra l'Italia che non funziona e quella che crede di tirare da sola la carretta? Di certo,se l'Italia d'incanto,come nelle fiabe, funzionasse di colpo, ci troveremmo a dover cambiare molte cose. Avremmo un eccesso di impiegati pubblici e v'è da ritenere che tra gli oltre 3,5 milioni di dipendenti della pubblica amministrazione (più le loro famiglie) quelli in esubero non sarebbero affatto contenti di perdere il posto e i loro redditi. Non parliamo poi di tutto il mondo di imprese e di consulenti che ruotano attorno alla pubblica amministrazione e che di colpo ve-drebbero ridursi o sparire i loro redditi, se veramente il settore pubblico funzionasse a dovere e non dovesse più ricorrere all'esterno.
Ma anche molte attività private si troverebbero in forte imbarazzo. Se la giustizia funzionasse perfettamente in Italia, avremmo certamente bisogno di molti meno avvocati, i quali vedrebbero ridursi i redditi perché la loro attività sarebbe molto più semplice, quasi inutile se le leggi fossero perfette e facili da comprendere e la gente fosse così onesta e timorata da rispettarle alla perfezione. Che dire poi dei commercialisti e dei fisca-listi, il cui compito sarebbe veramente più agevole in una Italia perfetta, sicché potremmo immaginare una drastica riduzione della loro presenza e un ridimensionamento forte dei loro guadagni. È ovvio che, in questa nuo-va Italia, non ci sarebbe possibilità di mantenere una nobile categoria come i notai, che oggi svolgono un ruolo rilevante nel garantire ai cittadini e alle imprese la comprensione e il rispetto di leggi caotiche, in presenza di amministrazioni inefficienti e in un clima di scarsa legalità quale è quello italiano.
Probabilmente non avremmo più bisogno dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni d'imprese, perché leggi semplici e rispetto totale delle stesse renderebbe inutile o pletorico il mantenimento di strutture negoziali, dato che avremmo datori di lavoro attenti ai bisogni dei lavoratori, i quali a loro volta prenderebbero a cuore le sorti dell'impresa,come sarebbe logico che fosse visto che i loro redditi dipendono da essa e non da assistenze pubbliche o da rivendicazioni illogiche. Lo stesso avverrebbe per molte associazioni di volontariato e per le cooperative che oggi esistono essenzialmente "grazie" al cattivo funzionamento del settore pubblico e/o allo scorretto comportamento dei cittadini e delle imprese.
Ma non è solo il mondo dei professionistie delle associazioni che sarebbe toccato da un'improvvisa trasformazione del nostro Paese verso una perfetta efficienza. Quante imprese industriali e di servizio vedrebbero ridursi le proprie attività a causa di una miracolosa trasformazione dell'Italia? Molte imprese di costruzione soccomberebbero in un sistema perfetto di appalti e si assisterebbe a molte fusioni di imprese con le consuete "sinergie" (riduzione di posti e di redditi). Una gran parte dell'industria ambientale, che sta crescendo bene, scomparirebbe se ottime leggi e comportamenti irreprensibili dei cittadini e delle imprese evitassero danni all'ambiente. La stessa vendita di mezzi di trasporto privati ( e tutto ciò che è a essa collegato) si ridimensionerebbe se funzionassero perfettamente i trasporti pubblici.
Ma, sempre ragionando per assurdo come se l'Italia diventasse perfetta all'improvviso, assisteremmo al crollo dei consumi dei farmaci e dell'uso di apparecchiature mediche ( oltre che al ridimensionarsi dell'attività dei medici) se gli italiani fossero così saggi da vivere con tutte le precauzioni e con stili di vita atti a prevenire i molti malanni che ci accompagnano quotidianamente. E, in ultima analisi, se il nostro mercato fosse così perfetto come la dottrina economica vorrebbe, con informazioni disponibili per tutti allo stesso momento e senza comportamenti fraudolenti, allora i prezzi dei prodotti e dei servizi crollerebbero, come vuole la teoria economica, con un ridimensionamento marcato dei redditi di molte delle imprese che operano in tale mercato. Ovvio che, in questo mercato, ci dimenticheremmo delle faraoniche retribuzioni degli alti manager di imprese (pubbliche e private), delle stock option edei premi giganteschi perché la conduzione delle imprese sarebbe talmente agevole che non meriterebbe un particolare sforzo e quindi neppure adeguati riconoscimenti.
Ovviamente tutto questo non accadrà mai perché la perfezione non è di questo mondo (non ci sarebbe economia in un sistema perfetto!) e perché comunque l'Italia ne è ben lontana. Ma ragionare per assurdo, come abbiamo fatto, serve per capire che, alla lunga, le inefficienze di una parte del sistema costituiscono anche i redditi guadagnati, spesso onestamente,dall'altra parte del sistema e che le due parti sono strettamente collegate, sicché non è possibile eliminare le inefficienze senza toccare, nel breve termine, anche i redditi dei cittadini "onesti", i quali, spesso inconsciamente, si oppongono perciò ai molti cambiamenti.
In effetti non è solo la resistenza della parte " cattiva" del Paese che impedisce le riforme ma anche quella, subdola e inconsapevole, degli onesti che vedono ridursi aree di reddito e privilegi che consideravano di loro diritto. Non si spiegherebbe altrimenti l'enorme difficoltà a liberalizzare molte del-le attività professionali, commerciali, industriali e di servizio, la resistenza a modificare il sistema giudiziario, quello amministrativo e quello fiscale, la difficoltà ad avere una scuola che funziona bene e perfino la sorda opposizione a regole di rispetto civile nel sistema dei trasporti e nei parcheggi delle auto nelle città da parte di chi crede di essere dalla parte del giusto.
Per questo, chi si lamenta delle inefficienze del Paese e chi vuole porre un qualche rimedio a esse, deve sapere che, nel breve termine, la correzione delle inefficienze comporta costi per tutti, anche per chi apparentemente non ne avrebbe responsabilità. Ma sono costi ben sopportabili se poi il Paese funzionerà meglio (senza mai essere perfetto). Far capire ai più questa correlazione e far passare le necessarie riforme è l'essenzadi una buona poli-tica, che stiamo ancora aspettando.

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