Troppe offese alla propria azienda possono diventare giusta causa di licenziamento. Se il lavoratore esagera in critiche e illazioni sulla professionalità dei colleghi o sulla correttezza della società in cui lavora, a danno dell'immagine della struttura, può perdere irrimediabilmente la fiducia del suo datore. Tutto dipende dal livello delle mansioni svolte e dal corrispondente grado di affidamento che l'imprenditore ripone in lui. Dalla Cassazione nessuna novità giurisprudenziale, ma la ripetizione di un principio prezioso e consolidato in materia di lavoro. I giudici non fanno altro che suggerire alla Corte d'Appello di Brescia il metodo per valutare correttamente la vicenda di una infermiera professionale licenziata da una Spa medica.
Alla donna, assegnata al blocco operatorio, era stato contestato di aver "proferito espressioni offensive sulla professionalità del personale", oltre a denunciare presunte gravi disfunzioni all'interno dell'ospedale (medicinali scaduti, attrezzi non sterilizzati). Anche se le osservazioni erano state fatte all'interno della struttura, il datore l'aveva licenziata per la grave rottura del vincolo fiduciario, dovuta al potenziale danno di immagine di un simile discreto. Finora i giudici hanno ritenuto esagerata la reazione dell'ospedale. Adesso la Cassazione invita a rivedere i fatti, tenendo presente "la delicatezza della funzione assegnata alla dipendente, lo specifico settore in cui lavorava e l'elevata responsabilità che ne conseguiva". Tenendo presente questi parametri, la Corte bresciana dovrà dire se il gesto della lavoratrice l'ha resa effettivamente inaffidabile.
Questo il principio giuridico consolidato, ribadito nellasentenza n. 19232/2007:
«Nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro e quindi costituisca giusta causa di licenziamento, va tenuto presente che l'intensità della fiducia richiesta è differenziata a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono, e che il fatto concreto deve essere valutato nella sua portata oggettiva o soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla sua potenzialità di negazione della futura correttezza dell'adempimento».