Salta la soppressione della società Stretto Messina, che era stata approvata in Commissione bilancio al Senato, all'interno del decreto collegato alla finanziaria. La società, quindi, non viene eliminata. Una bocciatura annunciata, quella dell'aula di Palazzo Madama, visto che l'Italia dei Valori, capitanata dal ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro, ha votato contro la soppressione. Voto contrario dei 4 senatori dell'Italia dei Valori e di Roberto Barbieri (Costituente Socialista), voti che si sono uniti a quelli della Cdl Il risultato infatti ha registrato 145 sì, 160 no e 6 astenuti. Il Governo, però, non è stato battuto perchè si era rimesso alla votazione dell'Aula.
Mentre in Senato i lavori in aula erano interrotti alla ricerca di una possibile mediazione tra la originaria proposta di scioglimento della società Stretto di Messina (avanzata dal relatore Natale Ripamonti e votata dalla Commissione Bilancio di Palazzo Madama) e la volontà del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro di far confluire invece la società in Anas, il ministro chiariva alla conferenza stampa presso la Stampa estera, che non si poteva cancellare un progetto per il quale sono già stati spesi 150 milioni di euro. L'avvertimento era stato chiaro. «Se si deciderà di distruggere la società, voteremo contro». In aula, poi, si vota e resta la società del ponte sullo stretto.
La maggioranza é andata sotto al Senato anche su un emendamento che prevede la soppressione di alcune scuole pubbliche di formazione, fra cui quella della Scuola superiore di Pubblica Amministrazione. A dar man forte alla Cdl, stavolta, i diniani. Lamberto Dini, Giuseppe Scalera e Natale D'Amico hanno, infatti, votato con l'opposizione. Contrari anche Domenico Fisichella, Albertino Gabana. Si è astenuto il sottosegretario Franco Danieli.
Parità, poi, che a Palazzo Madama equivale a un no, per un emendamento di portata minore, che prevede una sperimentazione per far fronte al problema sul digitale, proposto dalla commissione Bilancio, con parere favorevole del Governo e del relatore. Si proponeva che «il ministero delle Comunicazioni, sentite le Regioni interessate e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni» definisse «le aree geografiche nelle quali realizzare la sperimentazione della conversione delle reti alla tecnologia digitale». Parità e, dunque, Governo battuto anche sull'emendamento di Tommaso Barbato (Udeur) sull'assunzione di personale al Ministero della giustizia: 156 a 156. Nel dettaglio, prevedeva che «i dirigenti risultati idonei nel concorso a 23 posti da dirigente, nel ruolo del personale dirigenziale dell'amministrazione giudiziaria e assunto in via provvisoria in esecuzione di ordinanze del giudice del lavoro, che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano sottoscritto i relativi contratti, previa rinuncia espressa a ogni contenzioso giudiziario, sono inquadrati in via definitiva nel ruolo dirigenziale del ministero della Giustizia».
L'Aula del Senato ha anche bocciato l'emendamento al decreto legge collegato alla Finanziaria presentato da Cinzia Bonfrisco (Fi) e firmato da tutta la Cdl sui rischi del ricorso ai derivanti da parte degli enti locali. La senatrice aveva respinto l'invito del relatore Natale Ripamonti, a riformulare il testo. La bocciatura è avvenuta con 152 sì,, 154 no e un astenuto.