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Per la «Pex» una revisione da completare

di Gianfranco Ferranti

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12 ottobre 2007

Salirà dall'84% (misura prevista a decorrere dal 2007) al 95% la percentuale di esenzione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie realizzate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. È quanto previsto dal disegno di legge della Finanziaria 2008. Ma l'attuazione della norma si discosta dalle indicazioni di sistematicità date dalla commissione Biasco.
La modifica, che ha effetto per le plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, sembra a prima vista recepire la proposta formulata dalla Commissione Biasco: la quale, prendendo le mosse dall'esame delle legislazioni degli altri paesi europei e dall'esigenza di rispettare le motivazioni che sono alla base dell'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto in esame, aveva proposto di confermare la disciplina vigente, riducendo, però, dal 16 al 5% la percentuale della plusvalenza tassabile, «in analogia alla disciplina dei dividendi» e, quindi, recuperando a tassazione le spese relative alla partecipazione non in modo analitico bensì attraverso l'imposizione del 5% della plusvalenza. Da tale impostazione sarebbe dovuta discendere anche l'abolizione del pro-rata patrimoniale, che è peraltro abrogato dallo stesso Ddl.
Non viene introdotta, però, alcuna modifica sostanziale al disposto del comma 5 dell'articolo 109 del Tuir, in base al quale i componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono «in quanto esclusi». Di conseguenza, poiché il 95% della plusvalenza non concorre a formare il reddito in quanto «esente» e non in quanto «esclusa», resta indeducibile in modo «analitico» il 95% sia degli oneri accessori di diretta imputazione sia degli altri costi specificamente inerenti alla cessione delle partecipazioni.
Non sembra quindi accolto il suggerimento di riqualificare, in modo più sistematico, l'esenzione delle plusvalenze in esame in non concorrenza delle stesse alla formazione del reddito, analogamente a quanto avviene per i dividendi, anche se nella relazione illustrativa si afferma che le plusvalenze esenti sono «strutturalmente assimilate ai dividendi».
Nel Ddl resta ferma l'esenzione in misura pari all'84% per le plusvalenze realizzate «dalla predetta data» (cioè, si ritiene, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007) «fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 1º gennaio 2004». In pratica, una norma che introduce una «riedizione» della disposizione transitoria contenuta nell'articolo, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 344/03: che aveva stabilito che l'esenzione non si applica alle plusvalenze relative alle azioni o quote realizzate entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003, fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte nello stesso periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2003 e nel precedente.
Adesso, però, in base alla nuova disposizione transitoria che viene proposta, l'esenzione resterà applicabile nella precedente misura dell'84% (anziché del 95) senza alcun limite di tempo e fino a concorrenza di tutte le svalutazioni dedotte nei periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 1º gennaio 2004, comprese quindi quelle effettuate anteriormente al 2002. Nella relazione è precisato che si è in tal modo inteso «pur parziale, alla scelta, invero alquanto generosa» operata precedentemente ed è stato sottolineato che il recapture delle svalutazioni opera sia per quelle dedotte per mera opportunità fiscale (per le quali la precedente norma transitoria è stata ritenuta «ancora più strana») sia per quelle «dichiarate dall'impresa effettive».
Si ricorda che la commissione Biasco aveva giustamente rilevato che il requisito del periodo minimo di possesso previsto per l'esenzione «dovrebbe essere unico», raccomandando, quindi, l'eliminazione dei disallinneamenti oggi esistenti, probabilmente prevedendo un holding period di 18 mesi non solo ai fini dell'esenzione delle plusvalenze ma anche per la deducibilità delle minusvalenze (per le quali è, invece, stabilito un periodo di 12 mesi). Si auspica che il suggerimento possa essere recepito nell'approvazione della manovra.

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