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Scuola, la carriera resta piatta

di Luigi Illiano

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Mercoledí 10 Ottobre 2007

Le forze in campo
Il contratto della scuola : cresce lo stipendio, non la carriera
Come cambia la busta paga
Il testo con il commento articolo per articolo

Assenza di un sistema nazionale di valutazione e mancanza di finanziamenti specifici: sono i due motivi che bloccano qualsiasi tentativo di introdurre criteri meritocratici nella carriera degli insegnanti italiani. Ma il fatto che questi motivi siano sempre gli stessi da decenni consente di ipotizzare quasi una volontà precisa. Al di là dello schieramento di Governo si preferisce il mantenimento dell'esistente, che significa carriera piatta, stipendi uguali per tutti i docenti e centinaia di migliaia di assunzioni periodiche.

È almeno dal 1987 che nei contratti della scuola compare un articolo sulla valorizzazione professionale dei docenti. Da allora, puntualmente, ogni rinnovo riporta la norma contenente le buone intenzioni, alle quali non hanno mai fatto seguito atti concreti. E non fa eccezione l'ultimo contratto (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri) siglato il 7 ottobre. Anzi, l'articolo 24 conferma l'articolo 22 del precedente accordo, rimandando le scelte a un'ulteriore contrattazione, a patto di avere finanziamenti specifici a disposizione. Soldi che finora non sono mai arrivati.

La valutazione
Sulla valutazione il nuovo contratto, che non offre risposte ma solo auspici, sembra viaggiare in parallelo con il "Quaderno bianco" sulla scuola, presentato lo scorso settembre. «Le parti si impegnano a ricercare, in sede contrattuale, in coerenza con lo sviluppo dei processi di valutazione complessiva del sistema nazionale di istruzione e con risorse specificamente destinate, forme, modalità, procedure e strumenti di incentivazione e valorizzazione professionale e di carriera per gli insegnanti»: così recita l'articolo 24 dell'intesa appena siglata. Quindi, nessuna forma di incentivazione collegata ai meriti dei docenti può essere svincolata dalla valutazione dei risultati. E, ovviamente dalla disponibilità finanziaria. In pratica, un circuito perverso.
Dal canto suo il "Quaderno bianco" indica la valutazione come primo presupposto per lo sviluppo del sistema scolastico italiano: «La maggioranza dei paesi economicamente avanzati è dotata di sistemi nazionali di valutazione. Fino a oggi l'Italia ha fatto eccezione», è la lapidaria affermazione che si legge nel "Quaderno" che, non a caso, tra le azioni da intraprendere suggerisce «la trasformazione dell'Invalsi (Istituto nazionale di valutazione) in un alto centro di competenza, dotato di risorse finanziarie adeguate (in una misura, decisamente superiore a quella attuale), risorse umane di elevato profilo internazionale, e assoluta autonomia istituzionale».
Il nodo resta quello delle risorse, ma prima ancora quello della volontà politica di strappare definitivamente la scuola italiana dalle sabbie mobili dell'autoreferenzialità. E il contratto non sembra aver risposto alle sollecitazioni giunte dal "Quaderno bianco" messo a punto dai ministeri della Pubblica istruzione e dell'Economia.

La carriera
La carriera piatta dei docenti italiani, strettamente intrecciata alla possibilità di valutazione, rappresenta un altro punto al quale il "Quaderno bianco" della scuola attribuisce enorme importanza: «Il dato più allarmante riguarda la progressione retributiva, i suoi tempi e le sue determinanti. Una volta entrato nella scuola l'insegnante ha una progressione professionale (di status, formativa e retributiva) assai limitata». Il dossier spiega che la retribuzione media al quindicesimo anno di ruolo supera quella di entrata fra il 21 e il 26%, contro una crescita media Ocse che nelle superiori è del 39 per cento. «Ma, soprattutto, in Italia per raggiungere il livello massimo sono necessari 35 anni, di fatto l'intera vita lavorativa, mentre ce ne vogliono in media 24 nei paesi Ocse».
Anche in questo caso il contratto ha perso un'occasione per tentare di intervenire, premiando il merito. Le ultime pagine dell'accordo, come sempre, sono dedicate alle tabelle stipendiali, dove l'unica differenza tra le remunerazioni è dettata dagli anni di servizio. Così è arrivato il valore medio di 140 euro di aumento, riferito, in particolare, alla fascia dei docenti con circa vent'anni di anzianità lavorativa. E sono arrivati i 50 euro destinati all'insegnamento nei corsi di recupero e i 35 euro attribuiti alle ore aggiuntive. Soldi che saranno distribuiti secondo un criterio puramente quantitativo.
Eppure, a proposito di cambio di passo, sempre secondo le proiezioni contenute nel Quaderno bianco, il fabbisogno di insegnanti nei prossimi anni sarà molto alto. La progressione indica fino a un totale di 385mila docenti tra quindici anni. Cifre rilevanti, se si considera che quest'anno, per esempio, in cattedra lavorano oltre 721mila insegnanti, senza contare l'esercito di centinaia di migliaia di precari che ogni giorno contribuisce al funzionamento della scuola. Il più alto numero di lavoratori del settore pubblico. Infine, sul fronte della spesa, va ricordato che l'Italia, pur investendo una cifra superiore alla media Ue, si ritrova con studenti con scarsi risultati e con il personale docente malpagato e demotivato. Dove il bilancio dell'Istruzione è assorbito al 96% proprio dalle retribuzioni.

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