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Anzianità senza «scalone»

di Sergio D'Onofrio

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13 ottobre 2007

Dal 1° gennaio 2008 non ci sarà lo «scalone», cioè lo scatto di tre anni che – in base alla riforma Maroni – avrebbe portato da 57 a 60 anni l'età minima per la pensione di anzianità maturata con 35 anni di contributi. Rispetto a ora, si andrà comunque in pensione più tardi, ma il limite di età si sposterà gradualmente. Fermo restando che a regime, quando nel 2013 l'asticella salirà a 61 anni per i dipendenti e a 62 per gli autonomi, la pensione di anzianità anticiperà di poco quella di vecchiaia soprattutto per lo slittamento nelle decorrenze dovuto alla riduzione da quattro a due delle uscite annuali. Resterà un beneficio di tutto rispetto soltanto per coloro che, potendo far valere 40 anni di contributi, potranno mettersi in pensione a qualsiasi età anche in futuro.

Lavoratori dipendenti
Nel 2008 entra in funzione il primo scalino, per cui si potrà dire addio al lavoro se si possono far valere 58 anni di età e 35 di contributi. Dopo una pausa di 18 mesi, con il 1° luglio 2009 arriva il secondo scalino che porta l'età minima a 59 anni. Attenzione, però: a questo punto, per avere il via libera sono necessari almeno 36 anni di contributi (quota 95). Mentre dovrà lavorare fino a 60 anni chi ha solo 35 anni di contributi.
La situazione cambia di nuovo nel biennio 2011-2012. L'età minima salirà a 60 anni ma anche in questo caso per l'uscita sono richiesti almeno 36 anni di contributi (quota 96). Il ritiro con 35 anni di contributi è consentito solo dopo il compimento del 61esimo anno di età.
L'ultima tappa ha come stazione di partenza il 1° gennaio 2013. Da questa data in poi l'età minima viene portata a 61 anni per coloro che hanno almeno 36 anni di contributi, mentre chi ha versato per 35 anni dovrà attendere fino al 62esimo anno di età.

Lavoratori autonomi
Le stesse regole valgono anche per i lavoratori autonomi, per i quali scalini e quote sono aumentati di un anno rispetto a quelli previsti per i dipendenti. Una soluzione scontata, visto che anche con la normativa attuale artigiani, commercianti e coltivatori diretti maturano più tardi il requisito per la pensione di anzianità. L'età minima con 35 anni di contributi salirà da 58 a 59 anni dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2009. Dopo di che entrano in funzione scalini e quote, per cui dal 1° luglio 2009 si potrà andare in pensione a 60 anni con 36 anni di contributi (quota 96) oppure a 61 anni con soli 35 anni di versamenti.
Nel biennio 2011-2012 scatta un altro scalino, abbinato a quota 97, per cui ci vorranno 61 anni di età e almeno 36 di contributi. Dal 2013 l'ultima tappa: l'età minima, da combinare con 36 anni di versamenti, salirà a 62 anni (quota 98).

Penalizzate le donne
Nel periodo 1° gennaio 2008-30 giugno 2009 possono trarre vantaggio dalle nuove regole anche le donne, visto che successivamente, per effetto della riduzione delle finestre, l'uscita con la pensione di anzianità si colloca dopo quella per la pensione di vecchiaia. Sempre che per quest'ultima non arrivi – con un decreto lelegato che il Governo potrebbe emanare entro il 31 marzo prossimo – una decorrenza ritardata rispetto a quella attuale fissata dal mese successivo al compimento del 60esimo anno di età. Le donne che vogliono lasciare prima il lavoro hanno come alternativa l'uscita con la pensione contributiva, per la quale la riforma Maroni (non modificata dal ddl) ha richiesto, insieme ai 35 anni di versamenti, almeno 57 anni di età per le dipendenti e 58 anni per le autonome. Ma sul piatto della bilancia devono mettere in conto un assegno meno consistente, considerato che di norma il calcolo contributivo rende meno di quello retributivo o misto.

Le vecchie regole
Il disegno di legge riserva un occhio di riguardo a coloro che hanno perso il lavoro. È previsto, infatti, che potranno ancora mettersi in pensione a 57 anni, con 35 anni di contributi, coloro che se sono stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 20 luglio 2007. Dello stesso trattamento potranno beneficiare inoltre i lavoratori (fino a un massimo di 5mila unità) collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati prima del 15 luglio 2007.

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