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Le incognite del voto: chi entra e chi esce dal pallottoliere dell'Unione

di Nicoletta Cottone

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15 novembre 2007


Il pallottoliere dell'Unione negli ultimi giorni ha subito continui rimescolii. Per il via libera alla manovra nei migliori auspici dell'Unione, l'abaco segna 157 per la Casa delle libertà, compreso il voto del senatore a vita Francesco Cossiga, 161 per la maggioranza, senza il sostegno del senatore Franco Turigliatto (ex Pdci, ora Gruppo misto) e con l'apporto dei 3 senatori a vita che hanno sempre sostenuto la maggioranza (Rita Levi Montalcini, Emilio Colombo ed Oscar Luigi Scalfaro) e del senatore a vita Carlo Azeglio Ciampi, del quale è annunciata la presenza in aula per il voto. Mentre si intrecciano i contatti fra Palazzo Chigi, ministri, maggioranza e senatori a vita, sono ancora molte le incognite del voto.

Lamberto Dini, leader dei liberaldemocratici ancora scioglie la riserva sul voto finale a Palazzo Madama, solo al momento delle dichuiarazioni dui voto. Per lui è arrivato un sì all'emendamento del senatore Natale D'Amico sulla stabilizzazione dei precari. Sono tre i diniani che siedono sugli scranni del Senato: Lamberto Dini, Roberto Scalera e Natale D'Amico. Finora i diniani avevano votato quasi sempre con la maggioranza, tranne nello scivolone di martedì sull'aumento dell'assegno di dottorato, che ha visto la maggioranza andare sotto su un emendamento di An e nel tonfo di oggi sull'emendamento di Forza Italia che blocca il processo di razionalizzazione degli uffici periferici del Tesoro, durante il quale Dini non era in aula. «In aula - spiega Dini - in quel momento c'era molta confusione. Molti senatori, tra cui anche io, non sono riusciti a rientrare in tempo per votare. Non c'é nient'altro sotto». Il senatore dissidente Fernando Rossi (Gruppo misto ex Pdci) voterà sì, dopo l'allarme lanciato martedì sera, quando aveva annunciato astensione a oltranza dalle votazioni. La protesta è rientrata, dopo il via libera nella serata di martedì a un ordine del giorno a sua firma. Un sì perchè «non c'è nulla di meglio di questo Governo».

Domenico Fisichella (Gruppo misto) assicura che voterà in favore della Finanziaria. «Ho votato 90 articoli, volete che sugli ultimi 5 e sul voto finale mi comporti diversamente? La politica é una cosa seria». Sulla stessa linea d'onda si dichiara il senatore australiano Nino Randazzo (Ulivo), residente a Melbourne (Australia), che rappresenta le circoscrizioni Asia, Africa, Oceania e Antartide, che dice un sì convinto alla manovra. Il senatore della Sinistra critica Franco Turigliatto, invece, si è tirato fuori dai giochi. «Considero esaurita la mia battaglia su questa finanziaria e abbandono i lavori dell'aula. È compito di chi condivide questa politica garantire questa maggioranza. Non é il mio caso». Turigliatto, prende atto che la maggioranza ha respinto tutti gli emendamenti da lui proposti e si dichiara «all'opposizione da sinistra a questo governo e a questa maggioranza. Niente mi distanzia di più dall'opposizione di destra e mi sottraggo a qualsiasi manovra politicista, al mercato o altro intrigo di palazzo, che vedo in corso chiaramente in queste ore. E anche ai continui ricatti».

Sul fronte dei senatori a vita, Emilio Colombo, Rita Levi Montalcini ed Oscar Luigi Scalfaro hanno sempre assicurato sostegno al Governo. Presente anche Giulio Andreotti, che ha dichiarato che se il suo voto servirà a far passare la manovra voterà sì. Assente quasi certo il senatore a vita Pininfarina. Ambienti della maggioranza fanno sapere che al voto finale è atteso anche il senatore a vita Carlo Azeglio Ciampi. Francesco Cossiga, invece, dopo uno scambio di missive con il premier Romano Prodi, si è schierato con la Cdl e ha annunciato con una lettera a Prodi il suo voto contrario. Cossiga chiedeva al Governo «una risposta chiara e netta contraria alla istituzione della commissione sul G8, non risposte evasive quali "la materia è di competenza del Parlamento e non del Governo", e simili cretinate».

La Cdl, sempre al lavoro per attrarre nella sua orbita senatori scontenti, si è occupata nella giornata di mercoledì del caso De Gregorio. Il senatore Sergio De Gregorio, eletto nelle liste dell'Italia dei valori, che ha abbandonato da tempo il centrosinistra e ha votato sempre sulla linea della Cdl, prima ha annunciato in aula che avrebbe abbandonato i lavori, poi ci ha ripensato. «Il mio istinto - ha detto il senatore, presidente della commissione Difesa del Senato - sarebbe quello di andarmene, ma la coalizione a cui appartengo mi ha chiesto un atto di responsabilità e quindi rimango».

Prodi, con apparente calma olimpica, attende «fiducioso» il voto finale, mentre dall'opposizione il segretario della Dc per le autonomie Gianfranco Rotondi punta su un finale alla Alfred Hitchcock. «Io sono di quelli che la vedono ancora a 50 a 50. D'altra parte come in tutti i gialli l'assassino si scopre solo alla fine».

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