Il protocollo sul welfare sbarca domani in aula al Senato senza mandato al relatore. La commissione Lavoro di palazzo Madama, di fronte al mancato parere della commissione Bilancio e ai tempi troppo stretti per l'esame e il voto degli oltre 300 emendamenti presentati, ha deciso che non ci sono le condizioni per proseguire. Si parte con il voto su eventuali pregiudiziali, poi si passa alla discussione generale. Fino a venerdì 14 dicembre si potranno presentare gli emendamenti per l'aula. Dopodiché il Governo potrà porre la fiducia sul provvedimento. Il voto finale sul welfare, però, dovrebbe giungere intorno al 21-22 dicembre, dopo quello sulla Finanziaria per il 2008, dove é inserita la copertura del disegno di legge che recepisce il protocollo del 23 luglio su previdenza, lavoro e competitività. «È ormai inevitabile - dice il sottosegretario al Lavoro Antonio Montagnino - che venga messa la fiducia, nel testo approvato dalla Camera».
Sul pacchetto welfare, sono forti i malumori della sinistra dell'Unione, come ha confermato il presidente del senatori del Pd Anna Finocchiaro. «È evidente - sottolinea la Finocchiaro - che c'è una contrarietà della sinistra della coalizione su questo provvedimento, agita secondo gli strumenti parlamentari». La Cosa Rossa, infatti, sta facendo ostruzionismo, anche se sembra orientata a votare la fiducia sul provvedimento. «Non stiamo bloccando il pacchetto - dice il presidente dei senatori del Prc Giovanni Russo Spena - ma proponiamo le nostre argomentazioni ed evidenziamo le nostre critiche con emendamenti costruttivi». Se il Governo porrà la fiducia, comunque, il Prc voterà a favore «per un problema di responsabilità e per superare l'infame scalone Maroni».
L'opposizione protesta. L'aula, accusa il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi «sarà sorda e grigia nel momento dell'esame del ddl welfare perchè ci si avvia a un voto di fiducia che non potrà non determinare la protesta dell'opposizione al Capo dello Stato perché un provvedimento di così grande portata risulterebbe approvato senza che nessuna delle due camere ne abbia mai votato articoli ed emendamenti».