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Project financing a rischio

di Valeria Uva

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28 gennaio 2008

A rischio c'è soprattutto il project financing, ovvero il meccanismo di finanziamento privato delle opere pubbliche, considerato, tra l'altro, il fattore chiave per recuperare il gap infrastrutturale del nostro Paese. Per l'edilizia e i lavori pubblici, infatti, la crisi di Governo avrà come primo effetto quello di bloccare l'iter delle modifiche al Codice degli appalti, un testo varato dal centrodestra che Di Pietro ha poi «rimaneggiato» con due distinti interventi.
Per completare l'opera mancava proprio solo il terzo decreto correttivo: oltre ai primi due decreti correttivi, infatti, le Infratrutture hanno già elaborato il regolamento di attuazione del Codice, che attende solo la pubblicazione in Gazzetta.
Ma il ministro delle Infrastrutture si era impegnato a varare un terzo decreto di modifica del Dlgs 163/2006 ora a rischio. I tempi sono strettissimi: la delega per correggere il Codice unico, contenuta nella legge 62/2005, scade il 30 giugno 2008.
L'esigenza di un terzo intervento si è manifestata subito dopo l'entrata in vigore del secondo decreto correttivo. Per rispondere a una procedura di infrazione europea, questo decreto aveva cancellato di colpo un vantaggio strategico per i privati promotori che si offrono di finanziare opere pubbliche: la prelazione, ovvero la precedenza riconosciuta anche rispetto a un eventuale progetto vincitore della gara pubblica. Senza la prelazione, secondo i costruttori, il project financing è condannato: nessuno avrebbe infatti interesse a investire tempo e risorse senza una certezza di rientrare dalla spesa.
Da qui la richiesta di Ance (Associazione nazionale costruttori edili) e Agi (Associazione grandi opere) di mettere di nuovo mano alla normativa sul project financing. La proposta presentata a Di Pietro, in un documento congiunto con l'Abi (Associazione bancaria italiana), puntava a una semplificazione della procedura con l'assegnazione dell'opera in una gara unica, al posto delle attuali tre.
Sul fronte delle garanzie, invece, resta inattuata la norma sugli indici di congruità della manodopera: in pratica valori standard del costo del lavoro, al quale fare riferimento per confrontare i reali costi della manodopera. Previsti dalla Finanziaria 2007 e affidati a un decreto del ministero del Lavoro da emanarsi entro il 30 giugno scorso, gli indici non hanno ancora visto la luce: Ance e sindacati avevano elaborato un modello, che però il ministero ha ritenuto insufficiente e ha istituito una commissione. Ora la crisi rischia di mandare all'aria il lavoro svolto finora.

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