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Il tribunale boccia lo stop ai figli dei clandestini

di Angela Manganaro

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12 Febbraio 2008

La figlia di quattro anni di una clandestina che ha fatto causa al Comune di Milano, può preparare il cestino per l'asilo.
Con un'ordinanza di 21 pagine, il giudice della prima sezione civile del tribunale Claudio Marangoni ha dichiarato infatti «il carattere discriminatorio» della circolare 20, diffusa quattro giorni prima di Natale dal settore Servizi infanzia di Palazzo Marino, «nella parte in cui subordina l'iscrizione del minore extracomunitario all'ottenimento del permesso di soggiorno da parte della famiglia». Il giudice accoglie così il ricorso di Alberto Guariso e Livio Neri, i due avvocati della donna di 37 anni che ha perso il lavoro e non ha più il permesso, e ordina al Comune «la cessazione del comportamento discriminatorio e la rimozione dei suoi effetti».
La bocciatura del giudice arriva dopo quella del ministro dell'Istruzione, Giuseppe Fioroni, che il 21 gennaio annuncia il taglio dei finanziamenti alle 170 scuole dell'infanzia di Milano dal 2008/2009, perché la circolare condiziona la presentazione della domanda di iscrizione all'asilo al permesso di soggiorno. Un'impostazione «in contrasto con i principi internazionali» oltre che «incostituzionale», argomenta Fioroni. Una settimana fa, in realtà, il sindaco Letizia Moratti e l'assessore alla Scuola, Mariolina Moioli, avevano sgonfiato la polemica annunciando che dal prossimo anno gli asili avrebbero accolto tutti i bambini, figli di clandestini inclusi.
Il caso sembrava chiuso. L'intervento del giudice potrà portare esiti imprevisti: se l'obiettivo della circolare era più intransigenza con gli irregolari, l'effetto potrebbe essere una giurisprudenza più favorevole (almeno per i bambini). «Questa ordinanza ha una valenza generale che va oltre il caso singolo e afferma un principio importante: il minore in quanto tale non è mai clandestino», spiega Guariso, che è anche presidente di «Avvocati per niente», Onlus che offre assistenza legale gratuita a immigrati e poveri. In questa causa ha avuto al suo fianco l'ufficio nazionale anti discriminazione istituito presso le Pari opportunità.
I due legali hanno usato l'azione civile contro la discriminazione prevista dal Testo unico sull'immigrazione (Dlgs 286/1998) e chiesto anche un risarcimento danni di mille euro. Spiega Guariso: «Il giudice ha confermato che la circolare è contraria a quanto stabilito dall'articolo 2 della Convenzione di New York e da una recente delibera del Parlamento europeo: i minori non possono essere oggetto di alcuna discriminazione e la loro condizione non può dipendere da quella dei genitori. Ai bambini devono essere riconosciuti i diritti minimi, senz'altro il diritto all'istruzione in senso ampio». Il giudice riconosce infatti che la scuola dell'infanzia, anche se «non obbligatoria», «rientra a pieno titolo nel più complesso sistema dell'istruzione scolastica». Se si accoglie la tesi della tutela del minore come tale, continua Guariso, «per i bimbi potrebbe cadere, ad esempio, la distinzione tra cure mediche urgenti e non che vale per l'adulto clandestino». Potrebbe insomma passare il principio che quando sono in Italia ci si deve prendere cura di loro come se fossero italiani.
Intanto, l'assessore Maioli definisce questo ricorso «un gioco alla strumentalizzazione» ribadendo la linea: «accoglieremo tutte le domande di iscrizione e poi le valuteremo. Chi ha titolo sarà accolto alle materne, chi non ce l'ha riceverà un altro trattamento di accoglienza». «Rispettiamo l'ordinanza – dice il vicesindaco Riccardo de Corato – ma abbiamo l'obbligo di rispettare la Bossi-Fini, tuttora in vigore». Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale giudica invece l'ordinanza «una scelta di civiltà». Giovanni Bianchi, coordinatore provinciale del Pd commenta: «Tutti i minori hanno gli stessi diritti nel nostro Paese: c'è voluto un tribunale per ricordarlo a Letizia Moratti».

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