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La verifica dei clienti diventa stringente

di Ranieri Razzante

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3 aprile 2008


L'identificazione tradizionale del cliente non basta più.
Con il decreto legislativo 231/2007 per il contrasto al riciclaggio di denaro – nella parte già in vigore dal 29 dicembre scorso – si passa alla cosiddetta «adeguata verifica» che l'intermediario o il professionista devono fare sul cliente e suoi rapporti.
Nella vecchia versione della normativa, si parlava di «identificazione e registrazione» dei dati del cliente – nel momento in cui si avvia il rapporto con il soggetto obbligato e in occasione di operazioni successive – quando si tratta di importi superiori alla soglia di 12.500 euro, anche se frazionati. L'intermediario o il professionista potevano fare, poi, altre domande, tentando di ottenere informazioni sull'architettura della relazione, in modo da arrivare alla pratica più piena della «know your customer rule»: la conoscenza del cliente, il vero antidoto contro il riciclaggio. Questo principio riprende corpo con la terza direttiva Ue e diventa un must dell'approccio alla clientela: la mera identificazione diventa parte di un vasto e articolato processo di schedatura del cliente, finalizzata alla prevenzione del riciclaggio come rischio aziendale, prima che di sistema.

Le nuove regole
Il decreto legislativo 231/07, si conforma a questo indirizzo con l'articolo 18, che prevede quattro fasi dell'adeguata verifica. Innanzitutto, bisognerà non solo «identificare» chi "accende" il rapporto continuativo (ossia la relazione di affari destinata a durare nel tempo), ma «verificarne l'identità», basandosi su documenti o evidenze tratte da fonti «affidabili e indipendenti». Non più, quindi, una burocratica richiesta di documento di identità e codice fiscale, bensì - soprattutto nel caso di società - l'accertamento del reale potere di rappresentanza di chi la sta impegnando, di certo non affidandosi ad accertamenti "parainvestigativi" (come le visure camerali o le banche dati pubbliche).
Lo stesso procedimento va osservato per identificare l'eventuale "titolare effettivo" del rapporto o dell'operazione, cioè la persona fisica o il gruppo di persone che possiedono o controllano il cliente o per conto delle quali è realizzata un'operazione o un'attività.
I soggetti obbligati all'identificazione – intermediari e professionisti – possono però stare tranquilli, nonostante le interpretazioni azzardate che stanno circolando. Risalire una catena societaria, in presenza di soci occulti, scatole cinesi o piramidi societarie è assai arduo con i normali mezzi di identificazione e informazione commerciale. Si cercherà di sapere il possibile; si pensi a ciò che si può eventualmente trarre da un bilancio, un atto costitutivo, la dichiarazione stessa del cliente. Che sarà l'elemento che farà premio su tutto: non si scaricherà dunque sull'intermediario finanziario o sul libero professionista l'intero onere.
Il cliente deve dichiarare quali siano «lo scopo e la natura» del rapporto continuativo: verosimilmente, cosa lo spinge a accendere il conto corrente, a chiedere un mutuo, a costituire una società. Non si tratta di autocertificare la provenienza del denaro o dei mezzi patrimoniali utilizzati nell'operazione: non si potrà certo obbligare il cliente a "confessioni", ma solo a dichiarazioni delle quali egli risponderà in caso di problemi.
A questo punto, scatta la fase 4 dell'adeguata verifica: il "controllo costante" nel corso del rapporto, ossia il monitoraggio della relazione, fatto sulla base dell'esposizione a un potenziale rischio di riciclaggio. Non si tratta di creare una lista di clienti "sospetti": l'adeguata verifica ha l'obiettivo di fornire mezzi per meglio seguire il cliente, togliere lui e la struttura stessa da potenziali infiltrazioni di coloro che vivono di operazioni illecite.

La schedatura
A differenza del passato, tutte le informazioni andranno richieste per iscritto: il cliente compilerà una scheda, con tanto di informativa sull'esclusività a fini antiriciclaggio del trattamento dei dati, e sarà messo a conoscenza delle sanzioni penali (fino a tre anni di arresto e 50mila euro di ammenda) a cui si va incontro in caso di fornitura di informazioni non veritiere. L'obbligo di questa schedatura scatterà nel momento in cui si avviano i rapporti, finanziari o di consulenza. O in caso di operazioni "occasionali" che comportino la trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di importo complessivamente pari o superiore ai 15mila euro (anche sotto i 15mila euro per gli agenti in attività finanziaria).

Il vincolo di astensione
In ogni caso, sarà obbligatorio acquisire – a prescindere da importo o deroga – le informazioni a fronte di operazioni ritenute «sospette», e in tutti quei casi in cui, a scheda già compilata, non si sia perfettamente certi sull'attendibilità o veridicità dei dati. Se il cliente si rifiuta di sottoscrivere questa scheda o di fornire una delle informazioni, l'intermediario o il professionista devono a loro volta rifiutarsi - così come stabilito dall'articolo 23 del decreto legislativo 231/07 - di iniziare la relazione, valutando così la possibilità di effettuare una segnalazione di operazione sospetta all' Uif (Unità di informazione finanziaria). Se non si osserva questo obbligo, la sanzione è una multa da 2.600 a 13mila euro (si ritiene sia applicabile per ogni scheda non compilata e rapporto ugualmente acceso).
  CONTINUA ...»

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