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La pubblicazione online dei redditi degli italiani da parte dell'Agenzia delle Entrate è illegale. Ecco perché

di Giovanni Guerra*

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2 maggio 2008

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Quarto. L'avvenuta pubblicazione on-line dei redditi dei contribuenti pone diversi problemi sotto il profilo della sua conformità ai principi a tutela della privacy, che non andavano sottovalutati proprio in relazione ai maggiori rischi presenti su internet per i diritti degli interessati. I dati reddituali, così come messi a disposizione sul sito web dell'amministrazione, sono infatti diventati consultabili in qualsiasi momento, in ogni parte del mondo e da parte di un numero indefinito di utenti della rete (assumendo un carattere "ubiquitario", secondo quanto indicato anche dal Garante in un importante provvedimento dell'aprile 2007 sui siti internet degli enti locali). Ciò ha determinato non solo la possibilità di ulteriori utilizzazioni dei dati divenuti di dominio pubblico per scopi diversi dal controllo fiscale, ma anche un'incontrollata ed incontrollabile circolazione dei dati dei contribuenti italiani anche all'estero, e cioè anche in paesi che non hanno alcun sistema normativo che tuteli adeguatamente la privacy degli individui. Tale effetto appare ingiustificato e sproporzionato anche in rapporto alla finalità di democrazia e trasparenza perseguita (che dovrebbe essere circoscritta comunque al territorio ed all'ordinamento italiani) e in contrasto con le più basilari regole della normativa comunitaria in materia di data protection (direttiva 95/46/CE), che vietano il trasferimento di dati verso paesi al di fuori dell'U.E., nei quali non sia assicurato un livello adeguato di tutela degli individui.

In conclusione, occorre fare attenzione che se, come si ritiene, la pubblicazione on-line dei redditi dei contribuenti è avvenuta in violazione delle norme e principi sopra richiamati, dovrà considerarsi illegale qualsiasi ulteriore loro pubblicazione via internet per finalità non riconducibili alla libertà di informazione, fermi i limiti del diritto di cronaca. In tal senso, le autorità preposte dovrebbero attivarsi già da subito per bloccare gli eventuali siti dove continuano ad essere resi disponibili gli elenchi (esclusi, purtroppo, quelli gestiti all'estero su cui non vi è giurisdizione) e i cittadini-contribuenti che troveranno in giro sulla rete i propri dati reddituali potranno attivare le opportune azioni per il risarcimento di eventuali danni anche morali, come prevede il Codice della privacy.

*Avvocato esperto in materia di diritto delle nuove tecnologie e della privacy

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