Si dimezzano i tempi di conservazione dei dati di traffico telefonico: i gestori dovranno custodirli per non più di due anni, contro i quattro attuali. Per le informazioni che viaggiano su Internet, invece, il periodo massimo di archiviazione è di un anno, lo stesso di ora. Lo prevede il decreto legislativo approvato definitivamente ieri dal Consiglio dei ministri e con il quale viene recepita la direttiva 2006/24/Ce (altrimenti detta direttiva Frattini) che ha inteso uniformare in ambito Ue i tempi di conservazione dei dati di traffico.
Esistevano, infatti, differenze piuttosto macroscopiche e l'Italia si contraddistingueva per essere tra i Paesi con i periodi di custodia più lunghi. E ciò per effetto delle misure predisposte dall'allora ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, che nel 2005 (decreto legge 144) modificò l'articolo 132 del Codice della privacy relativo ai tempi di conservazione delle informazioni telefoniche.
L'emergenza terrorismo indusse, infatti, ad aumentare il periodo nel quale i dati potevano rimanere a disposizione dell'autorità giudiziaria: due anni prorogabili di altri due per quelli telefonici (comprese le chiamate senza risposta); sei mesi, prorogabili di altri sei, per quelli telematici (esclusi i contenuti delle comunicazioni). Ora, come detto, i tempi di dimezzano per i dati telefonici e quasi si annullano per le chiamate senza risposta, che dovranno essere archiviate per non più di trenta giorni.
In questo modo l'Unione si dà regole uniformi, in un'ottica di armonizzazione dei mercati (conservare i dati per i gestori costa) e anche di maggiore collaborazione investigativa. Perché se è vero che il taglio ai tempi di custodia non ha fatto piacere agli investigatori di casa nostra, è anche vero che nella Ue c'erano Paesi dove il periodo di conservazione era inferiore a tre mesi (Finlandia e Paesi Bassi). La direttiva Frattini, imponendo una "forcella" dei tempi di archiviazione (da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni) e lasciando al legislatore interno il compito di scegliere, ha livellato le differenze tra le diverse banche dati.
Il decreto legislativo che, dopo il via libera preliminare di Palazzo Chigi a fine febbraio, ha ricevuto il parere positivo delle commissioni parlamentari competenti prevede in dettaglio quali siano le informazioni telefoniche da custodire. Sono sempre esclusi i contenuti delle comunicazioni, mentre devono essere registrati i dati necessari a rintracciare e identificare la fonte, la destinazione, la data, l'ora e la durata di una comunicazione, nonché l'ubicazionedegli apparecchi utilizzati per la telefonata o la navigazione su Internet. Dunque, per esempio, il numero chiamante, quello chiamato, il nome e l'indirizzo dell'abbonato, il servizio telefonico utilizzato. Questo per quanto riguarda la telefonia fissa e mobile, mentre per le comunicazioni telematiche vanno, per esempio, conservati la data e l'ora della connessione, l'indirizzo Ip, l'indirizzo di posta elettronica.
A vigilare sulla corretta applicazione delle nuove norme – la cui entrata in vigore farà automaticamente decadere quelle dettate dal decreto Pisanu, la cui operatività in un primo tempo era stata prorogata per tutto il 2008– sarà il Garante della privacy. L'Authority potrà far leva anche su un apparato sanzionatorio costruito ad hoc dal nuovo decreto: la mancata osservazione dei tempi di conservazione sarà, infatti, punita con la sanzione da 10mila a 150mila euro.
Con il sì di ieri l'Italia si mette, dunque, al passo con il resto dell'Europa, anche se lo fa a tempo scaduto. Il termine ultimo per recepire la direttiva Frattini cadeva, infatti, il 15 settembre scorso e da parte di Bruxelles era già scattata la procedura di infrazione. L'arrivo del decreto, a cui ora manca solo la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale», ha rimediato all'inadempienza.