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La Finanziaria 2009
 
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Cronaca
Analisi

Un disegno coerente e ambizioso

di Alberto Orioli

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Silvio Berlusconi era stato chiaro con gli artigiani: quello che va bene a voi va bene al Paese. Era l'inversione dello slogan storico che associava, in realtà, le esigenze della Fiat a quelle dell'Italia. Un cambio di orizzonti, di personaggi, riferimenti e di strategia che si riscontra nella manovra di cui Giulio Tremonti ha la regia anche culturale. La Finanziaria è modellata su un manichino che ha la taglia delle piccole e piccolissime imprese e delle partite Iva, conta su una cospicua trasfusione di risorse da parte degli Enti locali (ancora in grande maggioranza governati dal centro-sinistra), cerca di allestire le pre-condizioni per un aumento della produttività, unica strada oggi percorribile per rilanciare un po' l'economia.
Non mancano capitoli ad alto tasso riformista come la scelta del nucleare, il rilancio delle liberalizzazioni dei servizi locali, le scelte in tema di flexsecurity che vanno da un orario di lavoro più intensivo alla riedizione del job on call, del part time modificabile o della cumulabilità tra pensione e retribuzione. Per non parlare del piano industriale per il pubblico impiego con l'addio al salario uguale per tutti e al posto sicuro anche per chi non lavora.

Insomma, un'idea di legislatura. Come era quella, per la verità, di tagliare le comunità montane e abolire le Province, almeno nelle aree metropolitane: dall'urgenza del decreto siamo passati alla più tranquilla prospettiva di un disegno di legge a settembre. In questo caso ha vinto il partito delle rendite della politica. E non è stato un bel segnale. In futuro, soprattutto nel capitolo sulla pubblica amministrazione, potrebbe riproporsi: toccherà soprattutto a Renato Brunetta vincere le resistenze e non sarà sufficiente (per quanto benvenuta) la pubblicazione di qualche elenco in rete, anche perché il partito della rendita para-politica è anche nel Pdl.
Per il resto c'è la promessa di un'Italia federalista, laddove il federalismo – da costruire in Parlamento tra maggioranza e opposizione – sarà la vera rivoluzione copernicana del bilancio.

Un federalismo con tasse in loco, spese controllabili, livello dei sevizi misurabile e commisurato al gettito, meno intermediazioni e addio extracosti "politici". Il Sud sembra restare affidato al vecchio progetto tremontiano della Banca meridionale, soggetto creditizio ad azionariato diffuso, di cui finora è stato tracciato solo un perimetro cartolare ma non ancora operativo. Un po' poco, ma si attende di capire cosa ne sarà dei fondi europei ora congelati. Raffaele Lombardo avrà qualcosa da ridire.

Il popolo incorniciato nei provvedimenti è quello dei «pro-pro», produttori e professionisti (di cui Il Sole 24 Ore ha parlato per primo il 16 febbraio) che avranno da subito meno "fastidi da tracciabilità", la soluzione che invece Vincenzo Visco aveva scelto per ridurre l'evasione-elusione. L'accertamento per adesione per importi fino a 20mila euro servirà ad ampliare i margini di recupero per l'Erario. Ma è significativa – soprattutto per l'impatto di immagine – la scelta di obbligare tutte le grandi imprese a controlli fiscali annuali. Non è improprio leggervi un tentativo di spostare la percezione del sentimento anti-tasse dal mondo dei piccoli imprenditori a quello dei grandi gruppi alla ricerca di un "fifty-fifty", di una condivisione di pregiudizio, che potrebbe diventare una delle vere cifre politiche della Finanziaria.

Della paura e della speranza, le ultime due categorie che Tremonti ha utilizzato per leggere i profondi mutamenti geoeconomici, c'è un po' della prima e molto della seconda. È ascrivibile al senso di insicurezza anche materiale la cosiddetta Robin Hood tax che toglie ai petrolieri e alimenta un fondo per rendere meno vessatori i prezzi dei generi di prima necessità e delle bollette per i più poveri, pensionati in testa. Il rischio è un eccesso di populismo comunicativo e un gettito assai meno promettente di quanto si possa pensare. La scelta di popolo e per il popolo che il Governo intende far passare porta con sé anche l'inasprimento fiscale delle stock option: visti gli scostamenti rispetto alla media del lavoro italiano erano diventate, come minimo, un fattore di "squilibrio etico".
La speranza è nel successo delle politiche per le infrastrutture, nell'aumento della produttività – su cui saranno le parti sociali a segnare, con la riforma della contrattazione, davvero la differenza – nella programmazione dei fondi europei. Il resto lo faranno le semplificazioni, lo sforzo di disboscare le leggi, la volontà di ridurre il numero di adempimenti e procedure: contribuirà a rendere l'Italia più amichevole verso chi investe, sia esso concittadino o straniero.

È auspicabile che l'innovazione di procedura (che massimamente è sostanza) con un piano effettivamente triennale e con la suddivisione del bilancio in funzioni e missioni (introdotta da Tommaso Padoa-Schioppa) si consolidi e renda possibile una gestione più flessibile delle poste interne alle singole amministrazioni. È poi auspicabile che tra Governo e Parlamento non si apra la corsa all'emendamento e alla correzione che, frase dopo frase, snatura l'impianto della più importante legge dell'anno.
  CONTINUA ...»

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