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Il processo civile taglia i riti

di Giovanni Negri

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23 Novembre 2008

Di 23 o forse più ne resteranno quattro. Il ministero della Giustizia preme sull'acceleratore dello sfoltimento dei riti del processo civile e mette a punto una manovra che dovrebbe rendere più facile la vita agli avvocati, meno complicate le regole procedurali e più rapida la soluzione delle controversie.
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano lo ha promesso al Congresso dell'avvocatura: così non si può andare avanti, la pluralità di riti applicabili ai diversi tipi di causa porta a un processo "alla carta" in cui la prima vittima è la certezza del diritto. Serve allora un'opera di drastico disboscamento della giungla procedurale e, alla fine, in piedi non dovrebbero restare più di 4 procedure: nel dettaglio, processo ordinario di cognizione, del lavoro, di famiglia, compresi separazioni e divorzi, e cautelare.
All'Ufficio legislativo di via Arenula si sta mettendo a punto l'intervento da sottoporre al Parlamento. Un'ipotesi è quella di un emendamento da inserire nel collegato alla manovra dedicato ai temi della Giustizia che adesso è in discussione al Senato dopo avere ricevuto il via libera della Camera. L'emendamento affiderebbe al Governo una delega per riscrivere tutto il quadro delle procedura entro cui dovrà muoversi il futuro processo civile. Delega che però dovrebbe essere sufficientemente dettagliata. Tanto da lasciare capire con chiarezza la direzione di marcia.
Gli stessi avvocati fanno ormai fatica a districarsi all'interno di un ventaglio estremamente ampio di discipline processuali, spesso modulate sulla natura della causa oppure sul tempo della sua instaurazione. Alfano ne ha contate 27, l'Unione delle camere civili (si vedano i dati a fianco) "solo" 23, gli avvocati del Triveneto andavano oltre il muro dei 30 riti. Sta di fatto che di formalismo eccessivo il processo rischia di soccombere, nelle tenaglia tra allungamento dei tempi e dilatazione delle procedure. Anche perchè non sembra più reggere la filosofia che aveva condotto via via ad aggiungere regole a regole e cioè quella secondo cui, per avere decisioni rapide, una delle strade da percorrere è quella di modulare i riti sul tipo di controversia. I dati sono impietosi: lo stock di cause arretrate, il vero debito pubblico della giustizia italiana, è continuato ad aumentare. Sino a fare dell'Italia il Paese in Europa (secondo i dati del 2006) con il maggiore numero di cause arenate davanti ai tribunali di primo grado, in tutto 3.687.965 (solo la Francia si attesta sopra al milione di cause pendenti, 1.165.192).
Sul campo, secondo il progetto del Governo, resteranno forme processuali ormai obsolete come quelle delle acque pubbliche o poco utilizzate come quelle agrarie; si dovrebbe mettere la parola fine a paradossi come quello sui processi per incidenti stradali, nei quali, se sono coinvolte persone, si applica il processo del lavoro e quello ordinario se sono interessate solo cose.
Ma la vittima principale è senz'altro il rito societario che, introdotto, in pompa magna, nel 2003 e a pieno regime dal 2004, dopo soli 4 anni è destinato ad andare definitivamente in soffitta. Ci aveva già provato la passata maggioranza e adesso a scrivere la parola fine potrebbe essere una coalizione in grandissima parte analoga a quella che lo approvò.
Nulla di male, naturalmente. Alla prova dei fatti una forma processuale che doveva costituire il modello di una più ampia riforma dell'intero Codice di procedura civile, ha segnalato più di una difficoltà.
Anche se il modello poteva avere una sua validità nel presentare al giudice una causa già matura per la soluzione, senza la necessità di svolgere un'approfondita attività istruttoria (devoluta invece allo scambio tra le parti), le lacune maggiori sono emerse quando il procedimento ha coinvolto una pluralità di parti, quando già all'avvìo del procedimento venivano effettuate contestazioni ovvero nell'avere escluso un limite al numero di memorie che possono essere scambiate.
Tutti aspetti che, in una materia cruciale per la competitività del Paese, hanno complicato la soluzione delle cause. In questo senso le ultime informazioni disponibili, relative all'inaugurazione del passato anno giudiziario, segnalano che le cause pendenti soggette al rito societario sono aumentate del 222% in primo grado e del 74% in appello.

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