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Giudici, responsabilità di nuovo sotto esame

di Giovanni Negri

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31 dicembre 2008

Stretta in vista sulla responsabilità civile dei magistrati. Il ministero della Giustizia ha in cantiere un intervento di riforma della legge (la n. 117 del 1988) che, nel 1988, sulla scia dell'approvazione di un contestato referendum, che per certi versi anticipò molti dei temi oggi al centro del dibattito pubblico sulla necessità di un riequilibrio tra politica a magistratura, ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della responsabilità a carico di giudici e pubblici ministeri. Ad annunciarlo, in Parlamento, davanti alla commissione Giustizia della Camera, è stato il sottosegretario alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che, rispondendo a un'interrogazione ha chiarito che il progetto sarà avviato subito dopo l'approvazione delle modifiche al Codice di procedura civile che sono attualmente in discussione al Senato dopo avere ottenuto il voto della Camera.

L'anticipazione del sottosegretario non ha messo in evidenza quali saranno i punti sui quali si concentrerà l'intervento, anche perché l'inizio dell'anno porterà invece il varo del più volte annunciato disegno di legge con le modifiche al Codice di procedura penale. Alcuni elementi, però, sono all'attenzione dell'Ufficio legislativo del ministero. A partire da un considerazione di ordine generale, e cioè che una legge che vent'anni fa aveva sollevato molte preoccupazioni all'interno della magistratura per i potenziali effetti dirompenti sugli equilibri dell'azione giudiziaria è stata di fatto disinnescata e resa inoffensiva.
A testimoniarlo ci sono i dati disponibili, di stessa fonte ministeriale, che certificano con evidenza l'esiguità dei provvedimenti di accoglimento delle richieste di risarcimento avanzate dai cittadini. Meno di 100 in quasi 5 anni. Troppo pochi anche di fronte alla possibilità per lo Stato di rivalersi comunque nei confronti del magistrato che sbaglia. Anche perché i casi in cui questo è possibile sono circoscritti al dolo e alla colpa grave. Nessuno spazio alla colpa semplice o a danni provocati da particolari forme di negligenza.

Se poi si tiene conto del fatto che la domanda di risarcimento danni deve essere sottoposta comunque al filtro di ammissibilità da parte dei tribunali, il pericolo di una chiusura corporativa da parte della magistratura diventa molto concreto. A non volere tenere conto poi del fatto che la stragrande maggioranza dei magistrati (circa il 90%) ha, in quanto aderente all'Anm, una polizza assicurativa che la mette al riparo dalle eventuali rivendicazioni del ministero.
A svuotare poi ulteriormente di significato le misure sulla responsabilità e a convincere della necessità di una riforma ci si sono messe le disposizioni che da qualche anno ammettono il risarcimento del danno per l'eccessiva durata del processo. Le cause proposte davanti alle Corti d'appello per fare valere il principio costituzionale della ragionevole durata sono in continuo aumento e, anche se non chiamano direttamente in giudizio un profilo di responsabilità del magistrato, di certo hanno contribuito a indirizzare molte domande di risarcimento a un altro e forse più redditizio contesto.

È allora probabile che, in un contesto nel quale si moltiplicano le richieste di associare un maggior grado di responsabilità al potere giudiziario, anche in conseguenza degli effetti spesso difficilmente rimediabili delle sue decisioni, la riflessione si concentri su un possibile allargamento delle ipotesi di rivalsa dello Stato, su un ripensamento del filtro di ammissibilità, sulla precisazione dei parametri sui quali determinare il risarcimento stesso. Ma soprattutto potrebbe essere riconsiderata quella esclusione dell'attività di interpretazione delle norme e di valutazione del fatto e delle prove dal perimetro dei casi che possono dare luogo a responsabilità.

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