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Bullismo su YouTube,
Google rinviata a giudizio

di Alessandro Galimberti

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12 dicembre 2008


Il 3 febbraio del prossimo anno Google Italy dovrà comparire davanti alla IV Sezione del Tribunale penale di Milano per rispondere di diffamazione aggravata e di trattamento illecito di dati personali a fini di profitto. Il caso è quello del minore down di Torino, vessato e umiliato da un gruppo di "bulli" coetanei che avevano poi caricato i filmati incriminati sulla sezione video del noto motore di ricerca.

Il processo di Milano, imputati gli amministratori delegati pro tempore, il responsabile del progetto policy sulla privacy per l'Europa e il responsabile del progetto video Europa di Google, può segnare un punto di svolta epocale per lo sviluppo di internet: se i giudici affermassero la responsabilità in concorso del motore di ricerca (i minori sono già stati giudicati e condannati dal tribunale competente) passerebbe il principio di uniformare la rete, sotto questo profilo, ai media tradizionali come giornali, tv e radio. «Un'ipotesi contro cui ci batteremo con ogni nostra possibilità - dice Marco Pancini, avvocato e responsabile dei rapporti istituzionali di Google - e che per noi è inaccettabile».

Vuole dire che Google si auto de-responsabilizza per i contenuti immessi in rete dagli utenti?
Il punto è proprio questo. Internet è un territorio free per sua natura, è un sistema di interfaccia diretto tra gli utenti. Al contrario, appunto, di tutti gli altri media. Però anche internet può essere veicolo per la commissione di reati, come e anche molto di più rispetto agli altri media.
Certo. Ma, a parte il fatto che Google ha sempre fornito assistenza e collaborazione a polizia e autorità giudiziaria (anche nel caso oggetto del processo) l'approccio non può essere l'imposizione di un filtro: è tecnicamente, di fatto, impossibile e, dal nostro punto di vista, anche eticamente inaccettabile.

La Procura di Milano vi contesta di aver omesso un'adeguata informativa sulla privacy nella home page, e di non aver richiesto il consenso al trattamento di dati sensibili (la malattia del minore).
Senza entrare nel merito del processo, non credo che l'uploader si sarebbe fermato di fronte all'informativa. Ma il problema è che non è possibile vagliare in anticipo tutti i contenuti che, per rendere chiare le proporzioni, solo per i video ammontano a 13 ore di immissioni per minuto.
Però l'alternativa è il «liberi tutti».

L'alternativa è abituare la platea degli utenti della rete a gestire la propria libertà in modo corretto . Ed è la politica che Google sta perseguendo in Europa e nel mondo, promuovendo e aderendo ai programmi antibullismo e di educazione dei minori all'uso responsabile di internet, soprattutto nel loro interesse di futuri adulti.

Non servono leggi nuove? Non ora. L'Internet Government Forum ha correttamente suggerito, prima di legiferare. di analizzare i problemi con un approccio multilevel, coinvolgendo stati, imprese, utenti, società civile e associazioni. Prima capire, poi intervenire.

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