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Iva per cassa: doppia corsia per gestire le fatture

di Benedetto Santacroce Matteo Mantovani

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28 aprile 2009

L'opzione per differire l'imposta produce effetti anche sul fronte amministrativo. La contabilità si troverà infatti a trattare due tipologie di fatture: quelle per le quali non si è manifestata la scelta per il regime di cassa, da gestire secondo le ordinarie regole, e quelle a esigibilità differita, che pongono problematiche connesse alla necessità di monitorare e riconciliare periodicamente i saldi.

Il regime introdotto dall'articolo 7 del decreto legge 185/08 deroga solo rispetto al momento di esigibilità dell'imposta e non anche a quello di effettuazione dell'operazione, che continua a essere regolato sulla base dei principi generali (articolo 6 del Dpr 633/72). Di conseguenza, il volume d'affari non è influenzato dall'opzione per il differimento, che va a influire solo sulla liquidazione dell'imposta. In sostanza, le transazioni compiute applicando il principio di cassa concorrono a formare il volume d'affari del cedente o prestatore e partecipano anche alla determinazione del pro-rata, con riferimento all'anno in cui l'operazione si intende effettuata secondo le ordinarie regole. Queste operazioni vanno tuttavia computate nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo, ovvero scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione (salvo il caso di assoggettamento del cedente a procedure concorsuali o esecutive).

In sede di dichiarazione, per determinare la posizione verso l'Erario, occorrerà dunque sottrarre l'Iva sulle operazioni effettuate ma non ancora regolate e aggiungere l'imposta relativa a transazioni di periodi precedenti ma pagate nel periodo concernente la liquidazione. La stessa procedura di riconciliazione dovrà essere seguita per le fatture a esigibilità differita ricevute, la cui imposta è detraibile solo previo pagamento.

Aspetti peculiari presenta anche la disciplina delle note di variazione. Non risulta estensibile all'Iva per cassa quanto formalizzato con la risoluzione 75/E del 2002 in materia di differimento in base all'articolo 6 della legge Iva, ossia nei rapporti con Stato o enti pubblici. In quella sede è stata sostenuta la non operatività del termine annuale per l'effettuazione delle note di variazione poiché il mancato pagamento, nell'ipotesi analizzata nella prassi, comporta il non realizzarsi dell'esigibilità del l'imposta. Al contrario, nel sistema introdotto dal decreto anti-crisi, è esplicitamente previsto che l'imposta divenga, comunque, esigibile decorso un anno dall'effettuazione dell'operazione. Pertanto, spirato tale termine, non sarà più possibile emettere note di credito a seguito di sopravvenuto accordo fra le parti.

A fronte di queste complicazioni, l'Iva per cassa dovrebbe tuttavia favorire un più celere pagamento da parte della clientela. Infatti, nelle transazioni sottoposte al nuovo regime – considerato che l'Iva, in base ai principi generali, è detraibile quando diventa esigibile – il cessionario (o committente) può detrarre solo previo pagamento del corrispettivo, talché è spronato ad adempiere per portare in detrazione l'imposta subita in rivalsa. Se ciò è vero nella generalità dei casi, in talune circostanze il citato beneficio non sussiste. Ciò accade quando il debitore soffre di limiti alla detrazione e dunque, non potendo godere dei benefici connessi a detto diritto, non ha alcun interesse a estinguere il proprio debito in tempi ridotti. Rientrano in questa categoria i contribuenti minimi e coloro che, effettuando operazioni esenti, subiscono gli effetti del prorata. Il risultato di incentivare l'adempimento viene meno anche per motivi di carattere oggettivo, laddove l'operazione posta in essere sconti una indetraibilità ex lege.

28 aprile 2009
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