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Via ai lavori? Solo se lo prevede il sindaco

di Silvio Rezzonico e Giovanni Tucci

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25 maggio 2009

Una legge restrittiva e inutile. Oppure, al contrario, lassista e permissiva. Sulla legge regionale toscana 24/2009 – l'unica finora emanata in attuazione dell'intesa stato-regioni – nelle scorse settimane sono circolati giudizi contrastanti. Ma cosa prevede davvero la norma?

La sostanza può riassumersi così: se gli strumenti urbanistici comunali consentivano già addizioni funzionali agli edifici – anche limitatissime – si potranno fare gli incrementi volumetrici fino al 20 per cento. Se invece i comuni avevano escluso ogni tipo di addizione funzionale (caso piuttosto raro, tranne certe zone protette o certi edifici) l'incremento sarà impossibile.

Per capire come si arriva a questa interpretazione, bisogna rifarsi all'articolo 79 della legge sul governo del territorio toscano (n. 1/2005) che inserisce tra gli interventi di ristrutturazione edilizia «le addizioni funzionali di nuovi elementi agli organismi edilizi esistenti, che non configurino nuovi organismi edilizi, ivi comprese le pertinenze». Per intendersi, con «addizioni» in questo caso non si intendono solo i cosiddetti «volumi tecnici» (casotti caldaia e ascensore, tettoie agricole e così via), ma anche gli ampliamenti di volume veri e propri (una nuova stanza, una sopraelevazione o un box).

Insomma, i comuni avrebbero già potuto, nell'ambito della propria autonomia, utilizzare lo strumento degli ampliamenti. Anche quando non lo hanno fatto, in genere si sono riservati la possibilità di cambiare idea, "importando" nei loro strumenti urbanistici la definizione di ristrutturazione edilizia prevista dalla legge toscana. In tal caso saranno "costretti" a consentire gli aumenti volumetrici. Quindi, secondo la giunta regionale, gli incrementi ci saranno (si parla addirittura del 40% del patrimonio edilizio coinvolto).

Sciolto questo nodo, si può affermare che la legge recepisce abbastanza fedelmente il contenuto dell'intesa stato-regioni. Gli ampliamenti fino al 20% sono consentiti non solo per gli edifici mono e bifamiliari, ma anche per gli altri, purché con superficie utile lorda non superiore a 350 metri quadrati. Le demolizioni e ricostruzioni possono prevedere fino al 35 per cento di superficie in più (il 15% per gli edifici a destinazione mista residenziale-commerciale, e solo per la parte abitativa).

Le principali esclusioni riguardano i centri storici (zone A), gli edifici con vincolo storico-artistico o in zone di inedificabilità assoluta, parchi e riserve. Dall'incremento vanno sottratte le superfici abusive, anche se in seguito condonate. Vanno comunque rispettate le distanze legali tra costruzioni, le altezze massime dei fabbricati e le dotazioni di opere di urbanizzazione primaria. Ma il principale requisito resta il risparmio energetico: in caso di ampliamenti, l'indice di prestazione energetica delle volumetrie aggiunte deve essere migliore del 20% rispetto a quelli previsti per le nuove costruzioni dal 2010 in poi. In caso di demolizioni e ricostruzioni si pretende il 50% in più per tutto l'edificio, e occorre anche puntare sul condizionamento estivo.

In compenso la nuova legge prevede che tutte queste misure siano valide per gli interventi per cui sia stata presentata una Dia entro fine 2010: quindi oltre i 18 mesi indicati dall'intesa con il Governo. Nella legge non si fa alcun cenno ai contributi di costruzione dovuti, alle norme anti-sismiche o alle autorizzazioni paesaggistiche: valgono in questo caso le altre norme vigenti.

25 maggio 2009
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