ROMA - La riforma dell'avvocatura è tra le priorità nell'agenda del ministro della Giustizia Angelino Alfano. In particolare il Guardasigilli considera urgente riscrivere l'accesso alle professione, rendendolo più selettivo.
Il passaggio è collegato alla riforma del processo civile e alla deflazione del contenzioso.
«Quello che noi stiamo proponendo - ha spiegato il ministro durante un convegno a Roma - è un modo per evitare di mandare tutto in tribunale cioè il tentativo di far sì che alla giustizia contribuiscano anche le associazioni di categoria e che i cittadini non debbano per forza litigare davanti a un giudice ma provare una mediazione di fronte a organismi preposti e qualificati. L'obiettivo, attraverso la mediazione civile e le forme alternative rispetto al tribunale, è di arrivare alla soluzione delle controversie e di riuscire a erogare giustizia in soli quattro mesi».
A questo programma Alfano sta lavorando da tempo. La scorsa estate ha coinvolto, oltre agli
avvocati, i notai e i dottori commercialisti e ha chiesto loro di formalizzare proposte e disponibilità per rendere più efficiente la macchina della giustizia.
Nasce da qui l'idea di una riforma delle professioni del comparto giuridico-economico, in primo luogo funzionale a rispondere meglio alla domanda di giustizia di cittadini e imprese.
Fallito il proposito di arrivare a una risposta unitaria, commercialisti, notai e avvocati hanno comunque fatto arrivare al ministro i loro progetti. Certo, si dovrà verificare la loro compatibilità, visto che le tre categorie sono reduci da forti contrasti su competenze e riserve. Quello che però, a questo punto, appare chiaro è che la politica deve farsi carico della condizione forense: secondo i numeri raccolti dall'organizzazione europea degli avvocati, i professionisti iscritti all'Albo sarebbero 213mila.
Anche a voler intendere questa cifra come arrotondata al rialzo e anche se si tratta della platea di quanti hanno conseguito l'abilitazione (sarebbero circa 136mila coloro che esercitano la libera professione), i numeri sembrano quasi fuori controllo.
Giuseppe Sileci, presidente dell'Aiga, l'associazione dei giovani avvocati, durante un convegno a Firenze, qualche giorno fa, ha commentato: «la demografia della professione non mette talvolta in condizione di dire al cliente che una questione potrebbe non finire con una causa».
Insomma, il bisogno di lavorare e la concorrenza al ribasso possono spingere a tentare la via del giudice anche quando non ci sarebbero tutti i presupposti.
Il ministro Alfano è convinto, a questo punto, che sia necessario rendere «più selettivo» l'accesso all'avvocatura e che si deve arrivare «alla parità tra accusa e difesa».
Sulla linea auspicata dal Guardasigilli va la riforma proposta, qualche mese fa, dal Consiglio nazionale forense, che ha raccolto la condivisione delle principali componenti della professione: tirocinio a numero programmato, abbinato alla frequenza della scuola forense, e abilitazione a tempo: se non ci si iscrive entro cinque anni dal superamento dell'esame di Stato, si perde il diritto e si deve cominciare tutto daccapo.