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Dossier illegali, Consulta: «Privacy e giusto processo devono trovare simmetria costituzionale»

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11 giugno 2009

È assolutamente necessario che privacy e giusto processo trovino la loro simmetria costituzionale. Ne sono convinti i giudici della Consulta che, in assenza di un preciso bilanciamento tra prerogative fondamentali formulato per legge, sono dovuti intervenire su un aspetto del procedimento penale strettamente connesso al tema delle intercettazioni, di grande attualità in questa estate 2009. In particolare, la massima Corte ha bocciato in parte il provvedimento varato dal Governo Prodi e approvato dal Parlamento con voto bipartisan nel 2007, che impone la distruzione di dossier informativi illegalmente acquisiti (Dl 259/2006, convertito dalla legge 281/2006).

La sentenza n. 173 (pubblicata sul sito www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com), fa presente però, «che nell'attuale situazione di incertezza sull'effettività della tutela della riservatezza non è possibile cancellare, puramente e semplicemente, le norme che impongono l'eliminazione di documenti, supporti e atti illecitamente acquisiti», ma piuttosto si devono «ricondurre tali disposizioni – nei limiti del possibile – al rispetto sia dell'equilibrio costituzionalmente necessario, sia della ratio emergente dalle stesse». Allora ecco il compromesso individuato: rafforzamento del diritto di difesa nell'ambito della rapida procedura incidentale nella quale viene cancellata ogni traccia di notizie illegalmente formate e acquisite. Come? Recidendo il legame tra la procedura speciale e le limitazioni del contraddittorio che connotano il modello generale del rito camerale, oltre all'allargamento delle potenzialità rappresentative del verbale "sostitutivo" del corpo del reato.

La Corte costituzionale ha così dichiarato l'illegittimità dell'articolo 240, commi 4 e 5, del codice di procedura nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'articolo 401, commi 1 e 2. Inoltre, ha "bocciato" anche il sesto comma della stessa norma nella parte in cui non esclude dal divieto di far riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del citato verbale, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti. Certo è che il richiamo al condivisibile intento di porre rimedio al «dilagante e preoccupante fenomeno di violazione della riservatezza dovuto alla incontrollata diffusione mediatica di dati e informazioni personali» e il contestuale monito alla salvaguardia del giusto processo sembrano due "saggi" consigli da tener bene a mente nelle ore in cui si gioca la partita della riforma dello strumento di ricerca della prova. (Be.D.)

11 giugno 2009
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