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Manovra, Fini: «No alla fiducia su un testo diverso da quello della commissione»

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21 luglio 2009


No alla fiducia sulla manovra estiva su un testo diverso da quello votato in commissione. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avverte la maggioranza che farà sentire la sua voce nel caso in cui il governo decidesse di porre la fiducia su un maxiemendamento al decreto anticrisi diverso dal testo licenziato oggi dalle Commissioni. Lo ha detto nel corso della tradizionale cerimonia del Ventaglio. «Il testo è stato licenziato con procedure che hanno fin troppi precedenti, non è vero che non li ha. Ha precedenti ogni qual volta c'è la legge finanziaria, e il decreto non lo è, ma è la via che il governo ha scelto per anticipare i contenuti della finanziaria. È ovvio che se il governo dovesse avvalersi della potestà di porre la questione di fiducia sul testo uscito dalle Commissioni non sarebbe una mortificazione del Parlamento. Farei invece sentire la mia voce se il governo intendesse, attraverso un maxiemendamento, inserire parti o ulteriori interventi di cui in Commissione non si è discusso». Il ricorso alla questione di fiducia da parte del Governo, ha detto ancora Fini «è una potestà prevista, è semmai l'abuso che denota problemi di tipo politico più che di tipo costituzionale e di rispetto del potere legislativo da parte del potere esecutivo».

Con il Quirinale evidenti assonanze. Non un «asse», ma una «assonanza» o una «convergenza», come è naturale tra le alte cariche dello Stato. Così Fini ha parlato del suo rapporto con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. «Non mi piacciono - ha spiegato il presidente della Camera- le semplificazioni, le espressioni come "asse". Sono convinto che ci sarebbe motivo di preoccupazione se tra le alte cariche dello Stato ci fosse dissonanza o polemica, non c'è preoccupazione se ci sono evidenti assonanze o convergenze».

Intercettazioni: giungere a un testo condiviso. Sul ddl intercettazioni «non credo che il rinvio saggiamente deciso dal capo dello Stato e dal Senato sia un rinvio fine a se stesso: mi auguro non lo sia. Se nella discussione al Senato si verificherà la disponibilità delle parti politiche a giungere a un testo che sia maggiormente condiviso si sarà fatto qualcosa di positivo per la qualità della legislazione e le conseguenze di carattere politico saranno evidenti a tutti».

Riforme: ritrovare uno spirito costituente. Per Fini non bisogna lasciare nulla di intentato perché si dia corso con maggioranze ampie a quegli interventi di carattere istituzionale che da più parti vengono indicate come non più improcastinabili nel tempo. Il semplice fatto che si sia approvato il federalismo fiscale «con una maggioranza più larga di quella che sostiene il governo renderebbe incomprensibile una titubanza delle forze politiche nell'affrontare il nodo del bicameralismo perfetto» che peraltro «non ha più ragione di essere con il federalismo fiscale». L'auspicio di Fini é che dopo la pausa estiva si creino «le condizioni per un confronto teso a garantire un ampio consenso in parlamento» in modo da non perdere «quello spirito costituente che é stato auspicato in più di una occasione».

Sui rifugiati Tripoli deludente e miope. Fini si è detto deluso dalla risposta ricevuta dal suo omologo libico in merito alla richiesta di inviare una delegazione di parlamentari a visitare il centro di raccolta profughi in Libia. Ricordando la lettera in cui prospettava l'ipotesi concreta di costituire una delegazione mista di parlamentari italiani e libici che andasse in visita al centro di raccolta profughi che si trovano sul territorio libico per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e di coloro che si dichiarano rifugiati politici, la «risposta che ho ricevuto ve la leggo perché non merita particolari commenti: "Sono d'accordo con lei - scrive l'omologo libico di Fini - sulla costituzione di una delegazione parlamentare mista formata dalla Camera dei deputati italiana e dal congresso generale del popolo della Grande Jamahiriyya ma non per i motivi che lei ha citato nella sua lettera. Non condivido le cause menzionate perché nei centri da lei citati non vi sono rifugiati politici. Il mio paese è stato lo Stato che ha emesso la grande carta verde per i diritti dell'uomo nel rispetto di tutti gli atti internazionali in materia quindi si tratta di una questione interna"». Definire la risposta «inadeguata, deludente e politicamente miope di fronte a un dato di fatto credo sia dire poco», ha detto Fini. È doveroso nei rapporti tra i nostri paesi «continuare ad avere attenzione per diritti dell'uomo, dei rifugiati e per ciò che attiene alle convenzioni internazionali». (N.Co.)

21 luglio 2009
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