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Ludovica riconosce intorno a sé una «guerra fra generazioni», se ne dispiace. Poi però dice che il suo studio cerca quel rapporto. «Quando abbiamo lavorato con professori come Anselmi o Cellini, abbiamo imparato molto e i concorsi sono andati bene. Abbiamo umiltà, ma al tempo stesso sappiamo cosa cercano loro in noi: una visione più vergine del mondo, la voglia di lavorare dodici ore al giorno, un punto di vista che non avevano ancora scoperto e che li colleghi al mondo come è oggi. L'importante è che il rapporto sia chiaro».
Se in Francia, patria del concorso di architettura, è difficile farsi strada, in Italia il problema non è solo quello della partecipazione. «Abbiamo vinto con Anselmi e la Proger tre anni fa uno dei concorsi di progettazione dell'Anas. Da allora non è successo nulla. In Italia si fanno pochi concorsi e, quando si fanno, non si realizzano. In Francia le amministrazioni sono tenute a pagare i premi e a realizzare le opere».
In Italia i concorsi continuano a diminuire. L'osservatorio Oice ne ha rilevati 258 tra concorsi di idee e di progettazione nel 2008. Nel 2007 erano stati 286. La stessa fonte rileva che la caduta si è accentuata nel primo semestre del 2009, quando i bandi per concorsi sono stati 103 contro i 139 del primo semestre 2008. Effetto della crisi? Forse, anche. Ma è chiaro che in Italia non è la crisi a spaventare gli architetti, giovani o vecchi. «C'è ancora tanto spazio per la cultura del progetto in questo paese».