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Lauree a numero chiuso con più inglese e tecnologia

di Luigi Illiano

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29 Agosto 2009

Raccordo concreto tra scuola e università: è il primo obiettivo del decreto destinato a regolare la formazione iniziale degli insegnanti. Poi, assunzioni solo in base all'effettivo fabbisogno e nella formazione di chi aspira alla cattedra ci sarà più inglese e maggiori competenze tecnologico-informatiche. Non è la prima volta che vengono annunciate nuove regole per l'accesso alla cattedra. Non a caso, la formazione iniziale e il reclutamento degli insegnanti – meccanismi strettamente collegati tra loro – insieme con la riforma della scuola superiore, rappresentano la parte mai decollata della legge Moratti. Questa volta ha deciso di provarci il ministro Gelmini, annunciando un regolamento frutto del lavoro della commissione ad hoc presieduta dal professor Giorgio Israel (ordinario alla "Sapienza" di Roma) e le probabilità di farcela sembrano alte. Il testo è già passato al vaglio del Cun (Consiglio universitario nazionale) e del Cnpi (Consiglio nazionale Pubblica istruzione).
Nel dettaglio, l'ipotesi prevede che per insegnare nella scuola dell'infanzia e nelle elementari sarà necessaria la laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso, che consentirà di conseguire l'abilitazione. Verranno rafforzate le competenze disciplinari e pedagogiche ed è previsto uno specifico percorso di laboratorio per l'insegnamento dell'inglese e delle nuove tecnologie. «Per la prima volta – è scritto nel comunicato di Viale Trastevere – si darà specifica attenzione al problema degli alunni con disabilità, prevedendo che in tutti i percorsi formativi universitari ci siano insegnamenti in grado di consentire al docente di avere una preparazione di base sui bisogni speciali».
Per conquistare l'abilitazione alla cattedra nelle scuole medie e nelle superiori, sarà necessaria la laurea magistrale alla quale di aggiungerà un anno di «tirocinio formativo attivo». Sarà prevista una prova di ingresso alla laurea a numero programmato basato sul reale fabbisogno dell'intero sistema nazionale di istruzione, pubblico e privato. L'anno di tirocinio sarà costituito da 475 ore di presenza a scuola, sotto la guida di un tutor.
Colpo di spugna sulle Siss (Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario). Saranno chiuse e sostituite, appunto, dall'anno di tirocinio. «Dalle Siss si prenderà il meglio – spiega ancora la nota del Miur – evitando la ripetizione degli insegnamenti, approfonditi già durante i corsi di laurea, per concentrarsi sul tirocinio, sui laboratori e la didattica». Il nuovo modello prevede la possibilità di svolgere tirocini anche nelle strutture di istruzione e formazione professionale, dove c'è la sperimentazione dell'obbligo formativo.
I dottori di ricerca e i "precari della ricerca", se in possesso dei requisiti, avranno la possibilità di entrare in soprannumero, dopo un esame, nell'anno di tirocinio. Previsti anche corsi di specializzazione per l'insegnamento di una materia non linguistica in inglese nelle superiori. Accademie e conservatori concorreranno alla formare i docenti nelle classi di abilitazione di propria competenza. Sarà rivista l'abilitazione per strumento musicale. Il provvedimento finirà per incrociare il disegno di legge Aprea (Pdl), in attesa di calendarizzazione per l'Aula della Camera. Testo che riforma il governo delle scuole e, soprattutto, lo stato giuridico e il reclutamento dei docenti: albo regionale per gli aspiranti docenti, concorsi di reclutamento banditi direttamente da reti di scuole e professione insegnante articolata in tre distinti livelli (ordinario, esperto e senior). Fasce alle quali corrispondono riconoscimenti economici diversi.
«L'estate è un periodo ottimale per gli annunci, ma di fronte a una scuola che verrà falcidiata da tagli e chiusure, continuare con gli annunci non risolve un solo problema», ha commentato l'ex ministro dell'Istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd)». Per Giorgio Rembado (Associazione nazionale presidi) vanno bene i tirocini, e il prossimo passo dovranno essere le assunzioni dirette dei docenti da parte delle scuole. Per Francesco Scrima (Cisl) «il ministro non ha detto nulla di più di quanto già si sapeva e resta un'incognita la fase transitoria». Secondo Massimo Di Menna (Uil) «l'impianto annunciato da Gelmini è condivisibile, ma attenzione a non creare nuovo precariato».

29 Agosto 2009
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