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Commercialisti
gli scout nella giungla delle tasse

di Maria Carla De Cesari

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20 agosto 2009

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Anche perché se ci si ferma alla fiscalità il mercato è sovraffollato. Oggi i commercialisti iscritti all'Albo sono quasi 110mila.

I dottori che esercitano la professione, e che dunque sono iscritti alla Cassa, dal 1996 sono aumentati di oltre il 125% e oggi sono poco sotto i 50mila. A loro vanno aggiunti i ragionieri. Insieme, dottori e ragionieri hanno formato, dal 1° gennaio 2008, l'Albo unico.

Negli studi, secondo le stime del consiglio nazionale, ci sono circa 35mila praticanti. Un esercito, anche se non tutti gli aspiranti faranno la libera professione.

Dall'alto, invece, c'è la pressione dei grandi studi, alcuni collegati alle società di revisione, che da tempo cercano di occupare il territorio. «Abbiamo ricevuto due offerte. Una dalle big five,un'altra da un grande studio. In entrambi i casi abbiamo rifiutato preferendo restare autonomi. Forse – ammette Matuella – avremmo guadagnato di più, ma siamo felici di quella scelta».

La voglia di autonomia – nei racconti di Pozzi e Matuella – è una delle molle per la professione, al di là delle generazioni.

«Quando ho iniziato – ricorda Matuella – a Rovereto c'erano cinque o sei dottori commercialisti e altrettanti ragionieri; ora siamo una settantina». Non è però solo questione di numeri. «La legislazione era stabile e più semplice. Oggi, invece, ci sono modifiche continue: i ripensamenti danno luogo a un groviglio, in cui talvolta è difficile trovare il filo logico. Chi si occupa di fisco ogni inizio anno deve studiare tutto daccapo. La legge, poi, vale poco finché non arriva la circolare, cinque giorni prima della scadenza».

Nel frattempo che si dice al cliente? «Si cerca di barcamenarsi, sperando di non aver preso un indirizzo opposto a quello dell'agenzia. Il rischio è di fare brutte figure », dice Matuella.
In questo contesto i giovani fanno molta fatica. I dottori commercialisti che hanno tra 30 e 39 anni (poco più di 19mila su quasi 54mila iscritti alla Cassa di providenza) nel 2007 hanno dichiarato in media un fatturato poco al di sopra di 44mila euro.

Nella fascia più bassa del mercato c'è un forte affollamento e c'è la concorrenza delle associazioni di categoria che fanno contabilità e dichiarazioni per pochi soldi. Un professionista agli inizi della carriera, soprattutto in aree deboli del paese dal punto di vista economico, pur di lavorare, è costretto a tenere contabilità e dichiarazioni alle stesse condizioni, nella speranza di riuscire a migliorare.

Matuella ha avuto la possibilità di scegliere una strada diversa. «Nel 1983, quando ho chiuso con l'impegno politico attivo (è stato consigliere regionale e poi assessore provinciale per tre consiliature, ndr), sono ritornato al mio studio, faticando non poco a reinserirmi. Fin dagli inizi, però, ho voluto indirizzare l'attività alle imprese».

Quindi, niente commercianti o piccoli artigiani. Matuella si è sempre occupato di diritto societario, contrattualistica, consulenza nelle ristrutturazioni d'impresa. Niente fisco, che è appannaggio dei suoi soci, perché Matuella ha posto in primo piano l'approccio economico-aziendale. Un piccolo privilegio per Matuella, laureato in Economia politica all'Università Cattolica di Milano, nel 1962, il migliore di quell'anno.

«Mi sono confrontato – racconta – anche con imprenditori che cercavano nuovi sbocchi all'estero e ho provato quanto sia debole la struttura che, istituzionalmente, dovrebbe accompagnare le aziende oltreconfine. Tranne qualche eccezione, dagli uffici c'è poca collaborazione e scarsi collegamenti con la realtà dei paesi. Dunque, bisogna arrangiarsi, appoggiandosi a qualche studio professionale del mercato estero».

Anche Pozzi, laureato a Modena, guarda alla consulenza aziendale: «L'avviamento d'impresa, la governance, le ristrutturazioni aziendali, le due diligence sono il pane dei commercialisti. Non possiamo battere le associazioni di categoria nelle tariffe su contabilità e dichiarazioni, loro possono sfruttare le economie di scala. Dobbiamo puntare su un servizio più qualificato e personalizzato. A me e al mio socio finora è andata bene: siamo riusciti a non svenderci e in sei mesi abbiamo coperto i costi fissi dello studio». Appena ci sarà una piccola dote di risparmi, l'idea è fare un sito internet in cui i clienti possano anche accedere a informazioni riservate: insomma, magari con una password controllare la nota di bilancio.

Matuella,invece,non ha l'orizzonte di internet. «Non me la cavo nemmeno con le email», confessa. Eppure, al di là degli strumenti tecnologici, giovani e anziani hanno la stessa idea sul futuro della professione. «È nello studio associato», rispondono a distanza Matuella e Pozzi. «Il professionista che opera da solo, magari con qualche collaboratore, non può emergere. Per forza di cose deve accontentarsi di fare qualche bilancio, dichiarazioni dei redditi e qualche consulenza. Difficilmente – secondo Matuella – potrà migliorare. Invece, l'associazione permette ai professionisti di specializzarsi e lavorare in équipe su argomenti rilevanti». Fra l'altro, lo studio Matuella Monti e associati, una ventina tra soci e col-laboratori, si è affiliato a una rete per la formazione. Il network è finalizzato allo scambio di esperienze e a fornire aiuto per risolvere questioni complicate.

  CONTINUA ...»

20 agosto 2009
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