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Tanti rientri «giuridici»

di Lino Terlizzi

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15 Dicembre 2009

LUGANO - «Questo scudo ha avuto più impatto degli altri due. Però, una buona percentuale sarà di rimpatri solo giuridici». Claudio Generali, presidente dell'Associazione bancaria ticinese (Abt), ramo dell'Associazione svizzera dei banchieri, fotografa dal punto di vista elvetico la situazione in chiusura – salvo proroghe – di scudo fiscale.
Questa volta non c'era per la Svizzera la possibilità di regolarizzazione, cioè dell'emersione di fondi lasciati poi comunque nella Confederazione. Gli istituti rossocrociati hanno quindi giocato una parte delle loro carte sulla forma tecnica meno lontana dalla regolarizzazione, quella del rimpatrio giuridico, che si differenzia da quello fisico per la possibilità di gestire ancora in Svizzera i capitali scudati, intestandoli però a società di diritto italiano. «Non ho elementi – spiega Generali – per l'intera Svizzera. Per il Ticino la percentuale di rimpatri giuridici varia molto da istituto a istituto, ma si può dire che potrebbe attestarsi tra un terzo e la metà del totale delle attività scudate».
Il presidente della Abt conferma che questo scudo ha inciso in modo più rilevante, anche se sui metodi impiegati per attuarlo, dicono le banche svizzere, occorre esprimere dissenso. «Senza dubbio questo terzo scudo è stato più efficace dei primi due – ribadisce Generali – grazie alla copertura mediatica inusitata e anche alle pratiche intimidatorie nei confronti dei contribuenti italiani possessori di depositi bancari all'estero. È ben chiaro che quanto posto in essere dallo stato italiano è legittimo. Da parte nostra abbiamo criticato i metodi utilizzati, non la sostanza».
In attesa dei dati ufficiali, le stime che sono circolate sul totale delle emersioni vanno da 80 a oltre 100 miliardi di euro, di cui buona parte dalla Svizzera. Sono cifre realistiche secondo la Abt? «Sono – dice Generali – numeri plausibili. Ricordo che alcune stime fissano al 45% i patrimoni presenti in Svizzera potenzialmente oggetto dello scudo, con il Lussemburgo al 31 per cento. Inoltre, questi patrimoni sono presenti in misura considerevole in Ticino, ma si trovano anche su altre piazze elvetiche: in particolare a Ginevra, che da sempre intrattiene rapporti con la clientela italiana».
Con i precedenti due scudi del 2001-2003, una parte dei capitali italiani rimpatriati è in seguito "rimbalzata" in Svizzera, in Lussemburgo o su altre piazze. Succederà anche questa volta? «È ragionevole pensarlo – dice Generali –. Molto dipenderà anche dalle strategie e dalle conseguenti misure che si adotteranno tanto in Svizzera che in altri paesi in tema di fiscalità internazionale. Chi in passato ha ricollocato i capitali scudati presso le nostre banche, comunque, lo ha fatto per la qualità dei servizi offerti».
I negoziati tra Italia e Svizzera sulla revisione della doppia imposizione sono sospesi, Berna protesta anche contro il mantenimento della Confederazione nella lista nera fiscale italiana. Generali ritiene comunque possibile una ripresa in tempi non troppo lunghi. «Quando lo scudo sarà definitivamente chiuso – afferma – i negoziati riprenderanno: è nell'interesse di entrambi i paesi».
Quanto al futuro della piazza ticinese, il presidente della Abt vede in ogni caso una prospettiva. «All'origine dell'esodo di risparmio dall'Italia – dice Generali – non c'era in primis la volontà di sottrarsi agli obblighi fiscali, ma c'erano soprattutto preoccupazioni politiche, di stabilità del sistema, di tenuta della lira. Tutto ciò è venuto in gran parte a mancare. Ma la piazza ticinese ora dispone di know how e di esperienza internazionale, che continuerà a mettere a frutto».

15 Dicembre 2009
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