Il 2010 non inizia nel migliore dei modi per 18 milioni di pensionati. Primo: con la scala mobile arriva solo un mini aumento dello 0,7%, reso ancora più magro da un conguaglio negativo sulle spettanze del 2009. Secondo: la previdenza non mostra un volto amico nemmeno a chi sta per lasciare il lavoro: se la pensione sarà calcolata, in tutto o in parte, con il sistema contributivo (meno di 18 anni di versamenti nel '95) l'assegno nella maggior parte dei casi risentirà di coefficienti più bassi in vigore da gennaio.
Quanto invece all'età della pensione, si sposterà in avanti solo dal 2015 con piccoli ritocchi (il primo sarà di tre mesi) legati all'aumento della vita media. Le donne del pubblico impiego, tuttavia, già da quest'anno, a causa di una sentenza della Corte europea, dovranno lavorare un anno in più rispetto alle colleghe del settore privato.
Scala mobile
La discesa dell'inflazione ai minimi storici ha impresso una frenata alla scale mobile dei pensionati: nel 2010 devono accontentarsi di un modesto ritocco all'insù (appena lo 0,7%). È l'aumento più basso da quando nel 92 l'adeguamento annuale - la "perequazione automatica" - non è più agganciato alla crescita delle retribuzioni ma solo all'indice Istat sui prezzi al consumo. Attualmente solo una quota delle indennità a favore dei sordomuti, degli invalidi totali e dei ciechi civili viene rivalutata con un indice (+3,69%) collegato alla dinamica salariale degli operai dell'industria.
Il meccanismo della perequazione automatica è stato revisionato più volte. Nel 2008 è stata introdotta una correzione che dà una copertura migliore rispetto al passato: beneficiano della rivalutazione Istat al 100% i trattamenti fino a cinque volte quello minimo Inps (2.288,80 euro al mese nel 2010). Sulla parte che eccede tale parametro l'aggiornamento al costo della vita si ferma al 75 per cento. Dopo il blocco del 2008, però, non ci sono più quote di pensione escluse del tutto dalla rivalutazione annuale.
Ma il cedolino di gennaio lascia l'amaro in bocca ai pensionati anche per via del conguaglio negativo dello 0,1%: nel 2009 l'aumento (+3,3%) è risultato superiore a quello spettante (+3,2%). Le somme percepite in più nel 2009 vengono recuperate dall'Inps sulle prime due rate del 2010. Per gli importi entro i sei euro i pensionati trovano indicata la trattenuta solo sulla rata di gennaio. Mentre sulle pensioni Inpdap, in pagamento dal 16 di gennaio, il conguaglio viene effettuato solo sulla prima rata del 2010.
Nuovi coefficienti
Le pensioni con decorrenza da gennaio in poi saranno più basse se calcolate con il sistema misto e contributivo. L'importo mensile risentirà dell'entrata in funzione dei nuovi coefficienti che trasformano in pensione quanto è stato versato dal '96 in poi. L'impatto non sarà uguale per tutti: bisogna distinguere la platea dei lavoratori interessati in due categorie. Per i dipendenti che rientrano nel sistema misto (meno di 18 anni di contributi fino al '95), l'applicazione dei nuovi coefficienti, tarati sull'aumento delle vita media registrato negli ultimi anni, non sempre comporta una riduzione dell'assegno. Rispetto al retributivo scontano una lieve perdita (1% circa ) per stipendi pensionabili fino a 40mila euro. E addirittura ci guadagnano qualcosa se hanno percepito o retribuzioni annuali dai 60mila euro in su.
Il calcolo misto penalizza invece i lavoratori autonomi, che possono contare su un accantonamento annuale (20% del reddito imponibile) inferiore a quello dei dipendenti (33% della retribuzione ).
La riduzione dovuta all'introduzione dei nuovi coefficienti si ripercuote, fino a un massimo dell'8,41%, su quelli che dal 2010 in poi avranno pensione interamente contributiva. Tra questi, i pensionati che arrotondano l'assegno con collaborazioni per le quali versano i contributi alla gestione separata dell'Inps. Con la pensione supplementare dell'Inps realizzeranno un importo più basso rispetto a chi ha ottenuto la liquidazione del secondo assegno entro il 2009.
Pubblico impiego
Novità anche per le donne del pubblico impiego: da gennaio per il trattamento di vecchiaia sono richiesti almeno 61 anni di età, che saliranno con scatti di un anno ogni due fino al 2018 per raggiungere il limite di 65 anni previsto per gli uomini. Le nuove regole, introdotte per rispettare una sentenza della Corte di giustizia europea di due anni fa, si applicano anche alle dipendenti del comparto sanità, comprese le infermiere che per regolamento dovrebbero andare in pensione a 60 anni.
Anzianità solo con le quote
Quest'anno è più difficile anche lasciare il lavoro con la pensione di anzianità maturata con meno di 40 anni di contributi. Nel periodo luglio 2009 - dicembre 2010 i dipendenti devono raggiungere quota "95", che si ottiene combinando 60 anni di età e 35 di contributi o 59 anni di età e 36 di versamenti (legge 247/07) . I requisiti sono più severi per i lavoratori autonomi ai quali si applica la quota "96": dovranno avere almeno 61 anni di età e 36 di contribuzione o in alternativa 60 anni di età e 36 di versamenti. La finestra si apre dal II semestre successivo a quello in cui si matura il requisito. Prima uscita utile: 1° luglio 2010.