La riforma fiscale è fondamentale e si farà in parte con il federalismo fiscale, in parte con la semplificazione e la modernizzazione di un sistema che va «allineato al nuovo secolo», in parte con la riduzione delle aliquote. In quanto ai tempi, non sarà fatta né «al buio» né «tutta d'un colpo» ma procedendo come stanno facendo Francia e Germania. Parola di Giulio Tremonti. L'Italia andrà avanti con molta prudenza ricercando il consenso in Italia, in Europa, imposto dall'unione monetaria, e dei mercati perché il debito pubblico italiano è il terzo al mondo e ogni giorno il Tesoro emette 2 miliardi di titoli di Stato in cerca di compratori «convinti della capacità dello Stato di restituire e remunerare il denaro che gli hanno prestato». Sarà una riforma «seria», non «un'operazione elettorale» e coinvolgerà tutti: dal ministero dell'Economia ai tecnici del parlamento, dall'Inps all'Istat, dal mercato del lavoro ai professionisti. «Senza polemiche, senza fare annunci».
È questa l'impostazione che sarà data alla riforma del sistema fiscale, che «non è giusto e non è efficiente», dal ministro dell'Economia. Il numero uno di via Venti Settembre, ieri, intervendo all'apertura dei lavori di Telefisco, ha fissato paletti e delineato obiettivi, confermando che i tempi saranno lunghi anche se non lunghi tanto quanto la vecchia riforma studiata negli anni 64-66 e divenuta legge nel 71-73. L'Irap e l'armonizzazione delle rendite finanziarie, che ben si prestano ad annunci a effetto, sono dunque destinate a deludere le aspettative di interventi veloci e d'impatto: l'Irap «va tolta», ha riconosciuto il ministro, ma senza perdere i 30 miliardi alla sanità coperti da questa tassa, e comunque garantendo la pace sociale. Un compito difficile. Poi, rivolgendosi a chi reclama l'armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie rispetto alle tasse sul lavoro, Tremonti ha chiarito che «la partita è complicata»: le vere rendite sono all'estero o «vengono giocate con strumenti sofisticati» fuori dalle imposte. Per il resto, «il grosso dei soldi va allo Stato dai depositi bancari e postali (tassati al 27 per cento, ndr.) e da emissioni a reddito fisso tassate al 12,50 per cento», legate al servizio del debito pubblico che viene collocato presso investitori esteri lordisti: così va a finire che «se riduci le tasse devi alzare i tassi».
Di sicuro Tremonti metterà fine a modifiche, rattoppi, correzioni di errori e a «quell'illusione che è utile dare un messaggio: a volte si inventano micro-crediti d'imposta convinti di dare un messaggio in realtà si complica tutto il sistema in un modo inaccettabile e intollerabile».
Il federalismo fiscale sarà quella parte fondamentale della riforma dal centro alla periferia. «L'Italia è l'unico paese europeo che ha un fisco solamente centrale e una spesa anche locale», ha enfatizzato. «Le Regioni hanno un enorme potere, il potere della spesa ma non il dovere di finanziarsi. Non si può andare avanti così, un modo per creare irresponsabilità finanziaria, civile e morale». Ma il ministro ha anche voluto precisare: «Questo non vuol dire che il piccolo comune nel mezzogiorno deve fare il bilancio con le sue tasse, è fondamentale ed è nella Costituzione il meccanismo della perequazione e della solidarietà. Ma almeno un pezzo del bilancio lo deve fare anche con le sue tasse in modo che i cittadini controllino i loro amministratori. Come in tutte le democrazie, l'amministratore è responsabile verso il contribuente. Non sarà più possibile, come ora, che l'amministratore faccia quello che vuole tanto il contribuente è nazionale e lui ha in mente il cliente dal quale prendere i voti». La lotta all'evasione fiscale continuerà: all'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, «i due pilastri», si affiancheranno i Comuni. E su scala europea l'Italia porterà avanti il dibattito sulla scarsa efficacia del l'euroritenuta.
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