Ora è ufficiale: il taglio alle poltrone locali slitta al 2011. Fatta eccezione per la riduzione degli assessori comunali e provinciali che sarà operativa da subito negli enti locali chiamati alle urne. Lo ha deciso il Senato, che ha convertito in legge il decreto n. 2 del 2010 che, tra le altre misure, viene in soccorso di Roma capitale e introduce un mini-allentamento del Patto di stabilità interno.
Il via libera di Palazzo Madama è arrivato nel primo pomeriggio con 151 voti a favore (Pdl, Lega e Mpa), 92 contrari (Pd e Idv) e tre astenuti (Udc e Svp). Appena quattro giorni prima della data di decadenza del decreto (27 marzo). Sono state respinte in blocco le pregiudiziali di costituzionalità avanzate dai democratici e i circa 200 emendamenti presentati dalle opposizioni.
Il provvedimento nasce dall'esigenza di rinviare di 12 mesi lo sfoltimento del 20% ai membri dei consigli di comuni e province disposto dalla Finanziaria 2010. Ferma restando l'applicazione a partire da quest'anno del taglio ai contributi ordinari e la fissazione di un tetto per gli assessori (che non potranno essere più di un quarto dei consiglieri), la parte più corposa del disboscamento partirà solo tra 12 mesi. E quindi l'eliminazione dei difensori civici comunali, delle autorità di ambito territoriale (le cosiddette Ato che gestiscono rifiuti e acqua, ndr) e delle circoscrizioni municipali non arriverà prima del 2011. Laddove per la sopressione dei direttori generali occorrerà attendere la scadenza naturale del loro mandato.
Roma capitale e Patto di stabilità interno sono gli altri due grandi filoni su cui il provvedimento interveniene. Per la prima viene disposta la separazione tra la gestione ordinaria e quella commissariale. Ciò significa che il sindaco Gianni Alemanno non sarà più commissario straordinario per il rientro dal debito record di 12 miliardi di euro. Entro 30 giorni, infatti, un decreto del presidente del Consiglio dovrà nominare il nuovo commissario.
Quanto al patto viene inserita la possibilità di esonero per le spese degli enti locali sostenute per le opere collegate ai grandi eventi e per gli stati di emergenza. Tuttavia, come sottolineato dai senatori del Pd Marilena Adamo e Luigi Vimercati, della norma non potrà beneficiare Milano per gli investimenti destinati a Expo 2015. Sul punto il massimo che l'opposizione (e la Lega che ha a sua volta sollevato lo stesso tema) sono riuscite a ottenere è stato il consenso del governo sulla riformulazione di un ordine del giorno che impegna l'esecutivo a «valutare l'opportunità di… non considerare nel saldo finanziario anche la quota a carico degli enti locali, relativamente alle opere previste per Expo».
È andata meglio, infine, a Reggio Emilia e Brescia che potranno escludere dal computo del patto i dividendi extra maturati nel 2007 dalle rispettive partecipate.