Quei maledetti 50.000 sms. Tanti da essere costati il posto di lavoro a un dipendente Telecom troppo intemperante nell'utilizzo del telefonino aziendale. Il suo licenziamento ha ricevuto il "timbro" della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5546 della Sezione lavoro depositata ieri, ha sancito la legittimità del comportamento dell'azienda che aveva considerato giusta causa l'invio di circa 50.000 "messaggini" con un danno stimato in circa 6mila euro.
Un utilizzo magari eccessivo ma in buona fede? Non proprio. La Cassazione asseconda, infatti, le conclusioni della Corte d'appello, che aveva a sua volta sostenuto il licenziamento, mettendo in evidenza come l'azienda, al momento della consegna della Sim Card al lavoratore aveva precisato che l'utilizzo era permesso solo per ragioni di servizio e che era vietato assolutamente il traffico a uso personale. In questa prospettiva non aveva alcuna rilevanza il fatto che nel cellulare non fosse impedita la funzione Sms.
Nell'esaminare poi l'arco temporale finito sotto osservazione nel biennio 2000-2001 è stata ricordata la gravità della condotta del lavoratore che aveva in media inviato circa 100 sms al giorno.
Il fatto poi che in gran parte i messaggi venissero inviati in sequenza ravvicinatissima a tutte le ore del giorno e della notte «autorizza il sospetto che il mittente intendesse assicurare al destinatario i vantaggi dell'autoricarica». Per la Corte d'appello così è fuori discussione che non si è trattato di un utilizzo occasionale dell'apparecchio di servizio per motivi personali.
È vero che l'abuso non si è verificato attraverso telefonate, ma si tratta di un'osservazione irrilevante perché con l'espressione «traffico» deve essere intesa qualsiasi modalità di utilizzo dell'apparecchio. «D'altra parte – ricorda la Cassazione – un telefono di servizio è per definizione interdetto all'uso privato, proprio perché costituisce uno strumento di lavoro e non un benefit; ciò che consente anche di escludere la buona fede del lavoratore, al quale era fatto divieto di usare senza distinzione la Sim card». Come pure la Cassazione considera privo di significato nella vicenda il pagamento da parte di Telecom di un importo fisso per il cellulare: non è necessario che ci sia un danno a motivare la giusta causa di licenziamento.
In passato Telecom aveva inflitto sanzioni disciplinari più miti di quella del licenziamento, ma, in questo caso, a giocare contro il lavoratore è stata la mole dei messaggi inviati. Per la Corte, dunque, non ha avuto rilievo che per comportamenti analoghi (ma, va detto, non identici) le sanzioni abbiano avuto un peso differente.