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Andreotti condannato, diffamò il giudice Almerighi

di Patrizia Maciocchi

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4 maggio 2010
Andreotti condannato, diffamò il giudice Almerighi


L'ex senatore a vita Giulio Andreotti diffamò il giudice Mario Almerighi. Questa la decisione della Corte di Cassazione che oggi ha confermato la condanna a carico del senatore a vita per avere, in alcune interviste comparse nel 1999, oltrepassato il «limite della continenza e il diritto di critica», nei confronti del giudice Almerighi. Parlando della testimonianza resa dal magistrato al processo di Palermo che vedeva imputato l'ex presidente del Consiglio per suoi presunti legami con la mafia, Andreotti lo aveva bollato come «pazzo» e «falso teste». In particolare Almerighi, nella sua deposizione aveva indicato il giudice Corrado Carnevale come l'interlocutore grazie al quale Andreotti riusciva a influenzare le decisioni della Corte di Cassazione.

Il senatore a vita, che ha già risarcito Almerighi con 20 euro, dovrà versare ancora 2mila euro, mentre la pena, come stabilito dalla Corte d'Appello di Perugia nel 2007, è coperta dal condono. Franco Coppi, difensore di Giulio Andreotti, aveva chiesto l'assoluzione basando il punto centrale della sua arringa su quanto affermato dai giudici di secondo grado del capoluogo siciliano. «La Corte d'Appello di Palermo che pure non è stata tenera con Andreotti – ha detto Coppi - nel momento che lo ha prescritto per parte delle accuse di mafia, ha scritto che non solo le cose dichiarate da Almerighi sull'amicizia con il senatore a vita e Carnevale sono false ma che, addirittura, la testimonianza di Almerighi sarebbe stata influenzata dalle sue pregiudiziali sull'uomo politico e il giudice non sarebbe stato disinteressato al risultato del processo».

Parole messe bianco su nero da un collegio giudicante che – secondo il legale – «dovrebbero pesare su Mario Almerighi come pietre». L'avvocato Coppi ha ricordato inoltre che lo stesso Andreotti nelle sue interviste aveva spiegato che il bersaglio della sua indignazione era stato il magistrato e non i pentiti, perché da questi ultimi non ci si poteva aspettare che calunnie mentre «un giudice che dice il falso commette la cosa più grave che possa accadere». La condanna per diffamazione arriva all'ex senatore in un momento in cui le sue condizioni di salute – come svelato dal suo stesso legale a margine dell'udienza – sono critiche.

4 maggio 2010
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