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Dpef 2009-2013: il dilemma di crescita e risanamento

Analisi di Michele De Gaspari

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24 giugno 2008

Crescita del Pil ridotta allo 0,9% nel 2009 e deficit in calo verso il 2,0%: scenari, temi e linee guida del documento governativo

Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) 2009-2013


Il primo importante atto di politica economica della nuova legislatura, con il varo del Dpef 2009-2013, si svolge in un quadro dell'economia internazionale ed europea che si presenta piuttosto critico e lascia spazi di manovra sulla finanza pubblica obiettivamente esigui. L'Italia, in particolare, ha visto esaurirsi la recente fase di ripresa ciclica (2006-2007) senza avvertirne i benefici effetti ed è tornata negli ultimi tempi alle ormai consuete performance di crescita insignificante (+0,3% l'aumento tendenziale del Pil nel primo trimestre 2008), sotto l'incalzare dell'instabilità dei mercati finanziari, dell'ingente rincaro del petrolio e di gran parte delle materie prime. Tra frenata congiunturale e nuove tensioni inflazionistiche, le scelte da compiere appaiono, dunque, difficili e complicate, inducendo a un atteggiamento di grande prudenza.


Il miglioramento della finanza pubblica registrato nel biennio 2006-2007 è incontestabile: la situazione di disavanzo eccessivo è stata corretta, con la discesa dell'indebitamento netto (deficit) in rapporto al Pil all'1,9% lo scorso anno, dopo il 3,4% del 2006 e il 4,2% del 2005. Il recupero è stato, tuttavia, realizzato pressoché interamente sul versante delle entrate attraverso l'aumento della pressione fiscale (pari al 43,3% del Pil), sia con aliquote di imposizione più elevate, sia con l'ampliamento della base imponibile, inclusa la lotta all'evasione.

Ma proprio per questi motivi i conti pubblici sono tornati oggi a rischio: la congiuntura economica è seriamente peggiorata, con il Pil che nel 2008 aumenterà di appena lo 0,3-0,6%, mentre il deficit sarà in risalita verso il 2,5%, non solo a causa della mancata crescita. La frenata del Pil si rifletterà, innanzitutto, in un rallentamento delle entrate fiscali, i cui segnali sono già visibili; una serie di spese pubbliche certe, ma non ancora contabilizzate in bilancio (rinnovi contrattuali, Ferrovie, Anas, sanità e altre voci straordinarie), potrebbero spingere il deficit vicino al 3% del Pil, così da rendere necessari alcuni incisivi tagli nei flussi di spesa per rimanere nei vincoli europei.

I problemi e i fattori di rischio, come si vede, non mancano, anche se l'obiettivo di un disavanzo 2008 non superiore al 2,5% del Pil (e al 2,0% nel 2009) è senz'altro alla portata, pur in presenza di una nuova discesa del saldo primario e di un aumento della spesa per interessi; il debito pubblico, a sua volta, dovrebbe continuare a ridursi in rapporto al Pil (dal 104% nel 2007 al 102,7% nel 2009), nonostante la minore dinamica delle entrate tributarie e le maggiori spese correnti. Per centrare il pareggio di bilancio tra il 2011 e il 2012 occorreranno, dunque, circa 35 miliardi di misure correttive (di cui 25 miliardi a riduzione del deficit), nel totale del triennio 2009-2011 rispetto all'attuale situazione di legislazione vigente e a politiche invariate.

Dpef, Legge finanziaria e Piano triennale

Il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) per gli anni 2009-2013, presentato dal ministro dell'Economia e approvato dal Governo, contiene le linee guida (programmatiche) della politica economica a medio termine, affiancandosi agli altri documenti ufficiali governativi, a cura del ministero dell'Economia e delle Finanze, dell'Istat e dell'Isae, che illustrano invece, attraverso statistiche e analisi, la situazione economica del Paese. Dopo le descrizioni, il Governo indica, dunque, anche gli impegni politici da tradurre in atti concreti nella Legge finanziaria per l'anno successivo (il 2009), essendo quest'ultima la parte del Dpef formalmente vincolante per l'azione futura.

La novità del 2008 è rappresentata dall'anticipo a fine giugno, affiancandola al Dpef, della manovra di bilancio in orizzonte triennale (2009-2011), con i decreti legislativi che indicano gli interventi sulle spese e le entrate - il Piano triennale di stabilizzazione della finanza pubblica - a conferma dell'obiettivo del pareggio dei conti previsto tra il 2011 e il 2012. La tradizionale Finanziaria d'autunno diventa, pertanto, un testo necessariamente snello ed essenziale, ridotto ai contenuti indispensabili (come i saldi di bilancio, i finanziamenti e fondi speciali, le tabelle delle assegnazioni annuali di legge), che registra soprattutto gli effetti delle misure varate a metà anno, evitando l'insidioso e complesso cammino parlamentare già affrontato in passato.

Le legge istitutiva del Dpef (la 362) risale al 1988 e ne prevedeva la scadenza di presentazione il 15 maggio di ogni anno, insieme all'orizzonte triennale di competenza. Nel 1999 una successiva legge (la 208) ne ha spostato il termine al 30 giugno, allungandone la durata a quattro anni, poi aggiustata a cinque anni in avvio di legislatura. La scadenza di legge non è stata, peraltro, quasi mai rispettata in passato, anche a causa delle coincidenze elettorali o delle crisi di governo, con il relativo cambio di guida nella politica economica. Unica rilevante eccezione il 1998, quando il Dpef ha visto la luce a metà aprile; ma era in gioco, allora, l'ingresso nell'euro, con la decisione di ammissione dell'Italia alla moneta unica, prevista all'inizio di maggio.

Il Documento di programmazione è, in particolare, un'anteprima della Finanziaria, che illustra l'evoluzione dei conti pubblici per il prossimo quinquennio, delinea gli interventi correttivi sui principali aggregati di entrata e di spesa nel periodo, individua le principali riforme da attuare nel corso della legislatura. I temi di breve periodo in altre parole, come l'andamento della congiuntura economica e gli equilibri della finanza pubblica, sono inseriti in una prospettiva di medio e lungo termine.


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