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MUTUI |
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L'onda lunga adesso cresce anche al Sud |
Un aumento di quasi il 50% negli ultimi tre anni. Agli italiani, si sa, fare mutui piace parecchio perché significa investire nel bene rifugio per eccellenza, la casa. Secondo Bankitalia i debiti finanziari delle famiglie sono cresciuti l'anno scorso del 12,4% (10,2% nel 2003) a quota 380 miliardi. Un'espansione che si è concentrata proprio nella componente a medio e lungo termine, spinta dall'elevata domanda di finanziamenti per l'acquisto di abitazioni. Sia chiaro, l'indebitamento degli italiani tutto sommato è ancora contenuto rispetto ad altri Paesi industriali: il rapporto con il Pil è al 28% contro il 54% dell'area euro e oltre l'80% negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Ma dal 2000 a oggi le famiglie hanno più che raddoppiato (+102%) il loro “rosso” nei confronti del sistema creditizio per l’acquisto di un immobile.
I prestiti bancari per la casa sono saliti negli ultimi dieci anni dal 5 al 14% del Pil (34% in area euro e 64% negli Usa). Con due caratteristiche particolari: durata media del mutuo più breve (meno di vent'anni contro gli oltre trenta di Stati Uniti e Paesi scandinavi) e elevato peso delle erogazioni a tasso variabile: l'87% dei nuovi contratti, contro il 54% medio di Eurolandia. Secondo l'analisi di Via Nazionale «la differenza nel costo delle prime rate influenza in maniera considerevole la scelta delle famiglie tra mutuo a tasso fisso e tasso variabile. I mutui a tasso variabile, inoltre, sono meno frequenti nel Mezzogiorno rispetto al Nord del Paese e tra le persone con un minore grado di istruzione, caratterizzate da una maggiore avversione al rischio». Il vento negli ultimi quattro anni, secondo una ricerca del Centro studio sintesi di Mestre su dati Bankitalia, ha cominciato a cambiare anche al Sud, soprattutto in Calabria, l’acquisto della prima casa è passato sempre di più per un mutuo. Un esempio? Vibo Valentia, al primo posto nazionale per incremento percentuale (+308% a 89 milioni di euro).
Ma che conseguenze avrà per le nostre tasche la prima "stretta" monetaria in area euro da due anni a questa parte dopo una fase di discesa dei tassi d'interesse che ha portato i mutui a tasso fisso a un costo medio del 5,36% e quelli a tasso variabile al 3,87 per cento? Gli studi e le simulazioni non mancano anche perché, in maniera irrituale per i banchieri centrali di Francoforte, l'aumento di 25 punti base è stato annunciato e il mercato si è prontamente adeguato con un leggero rialzo sui tassi a breve termine. La realtà che si manifesta - con le dovute sfumature d'interpretazione fra banche e associazioni dei consumatori - è quella di un incremento nell'ordine dei 150-180 euro all'anno per un mutuo a vent'anni da 100mila euro a tasso variabile, in assoluto il più richiesto (il dato ufficiale dell’Abi per l’importo medio dei mutui è di 118 mila euro). Secondo l'Adusbef (Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi) le cose stanno un po' peggio e gli aggravi reali sulle rate potrebbero essere perfino doppi.
L’analisi per singole realtà prodotta dal centro di studi mestrino, locali evidenzia come saranno soprattutto le famiglie residenti nel centro Italia ad essere maggiormente colpite dalla stretta monetaria (+216 euro), seguite dal quelle localizzate nel nord della penisola (+172 euro). A livello provinciale è Roma (+301 euro per famiglia) a primeggiare, seguita da Pescara (+275 euro), Siena (+260 euro), Pistoia (+251 euro) e Prato (+249 euro). Sono invece le province meridionali di Vibo Valentia (+64 euro), Potenza e Agrigento (+69 euro), aree comunque dove il prestito per l’acquisto della prima casa è ancora utilizzato relativamente, a registrare i rincari minori.
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