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A cura di Massimo Donaddio
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Tante luci, ma anche parecchie ombre nell’anno ormai tramontato per lo sport italiano. Molte le soddisfazioni per i nostri atleti, importanti i traguardi raggiunti, luccicanti i trofei e le medaglie conquistati dai nostri campioni. Eppure non sono mancati piccoli o grandi terremoti nell’ambiente sportivo. È stato proprio il calcio a regalare le maggiori gioie e i maggiori dolori ai tifosi di tutta Italia: da una parte la vittoria dei campionati mondiali di Germania della nazionale azzurra allenata da Marcello Lippi e la conquista del Pallone d’Oro e del premio Fifa world player da parte del capitano Fabio Cannavaro, dall’altra lo scandalo di Calciopoli che ha fatto traballare il campionato di serie A e lo ha modificato a colpi di sentenze, costringendo la Juventus a disputare il torneo cadetto, penalizzando il Milan (ma anche Lazio, Fiorentina e Reggina) e assegnando lo scudetto 2006 all’Inter di Mancini e del presidente Massimo Moratti. Il calcio croce e delizia dell’Italia sportiva, quindi, di un Paese che però ha avuto un importante momento di gloria grazie alla splendida vetrina delle Olimpiadi Invernali di Torino.

Riflettori puntati su Torino per le Olimpiadi Invernali 2006
Un appuntamento fondamentale anche per il capoluogo piemontese, che aveva investito moltissimo per la preparazione dell’evento e che ha potuto godere di un meritato risalto in tutto il mondo grazie all’efficienza dell’organizzazione dei Giochi. Per Torino e per il pubblico italiano è stata anche l’occasione per stringersi attorno ai propri campioni, per conoscere meglio un gruppo di atleti spesso di qualità eccellente (e mai troppo considerati, vista anche la solitamente scarsa copertura in tv degli sport invernali) e per tornare a respirare una ventata di sano patriottismo sportivo e di voglia di vincere, ma soprattutto il desiderio di condividere lo spirito olimpico, la gioia di partecipare a un evento che accomuna uomini e donne di tutti i Paesi, che deve continuare a vivere di fraternità e di valori di lealtà (e in questo caso di ospitalità) condivisi. Tutto questo sono state le Olimpiadi Invernali, al di là dei pur grandi meriti dei campioni che hanno difeso i colori azzurri. Alcuni volti, ormai conosciuti, non li dimenticheremo più, a cominciare da Armin Zoeggeler, che vincendo l’oro nello slittino è diventato il primo atleta azzurro a conquistare quattro medaglie in quattro edizioni consecutive dei Giochi (bronzo a Lillehammer, argento a Nagano, oro a Salt Lake City e appunto a Torino), e proprio a Nagano, in dicembre, ha ottenuto la vittoria numero 33 della sua carriera straordinaria, eguagliando il primato di Markus Prockl e Georg Hackl. Accanto al proiettile di Foiana, altri due atleti azzurri hanno fatto la storia di Torino 2006: Enrico Fabris e Giorgio Di Centa. Fabris è stato il protagonista della squadra di pattinaggio di velocità, con la vittoria di due medaglie d’oro (1500m e inseguimento a squadre) e un bronzo (5000m), risultati inediti e davvero storici per l’Italia; Giorgio Di Centa ha emulato lo Stefano Baldini di Atene 2004, vincendo l’ultima gara individuale di sci di fondo, la 50km a tecnica libera, e ricevendo così l’oro all’ultima premiazione, effettuata proprio dalla sorella Manuela. La staffetta 4x10km maschile composta da Di Centa, Cristian Zorzi, Fulvio Valbusa e Pietro Piller Cotrer ha raggiunto un altro oro, mentre la 30km individuale maschile ha visto come terzo classificato proprio Piller Cotrer. Lo sci alpino, invece, è stato dominio dell’austriaco Benjamin Raich, cui è riuscito (come ad Alberto Tomba e a Ingermar Stenmark) la doppietta slalom gigante – slalom speciale. Delusione invece per Giorgio Rocca, che davanti agli occhi di mezza Italia collegata in diretta tv, ha inforcato e ha dato l’addio a ogni speranza di vittoria, mostrando di avere assorbito troppo la pressione dell’evento, così come la giovane pattinatrice Carolina Kostner, mascotte della nazionale azzurra, e la coppia – ben più navigata – composta da Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio.
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Il tornado di Calciopoli, la Juve in serie B
Dalle gioie e dall’entusiasmo delle Olimpiadi invernali, gli sportivi italiani sono passati ai dubbi, alle incertezze, ai sospetti, alle delusioni cocenti di una stagione calcistica segnata dagli scandali che hanno travolto la Juventus, la triade dirigenziale imperniata su Luciano Moggi e la cupola degli arbitri capitanata dai designatori Bergamo e Pairetto. La Juventus, e Moggi in particolare, sono stati riconosciuti al vertice di un sistema organizzato per condizionare in maniera profonda e duratura l’andamento del campionato, attraverso una fitta rete di complicità e di pressioni su arbitri, calciatori, dirigenti di altre società e sulla stessa Federcalcio, successivamente commissariata. Non la responsabile unica, la Juventus, del degrado del campionato di A, ma senza dubbio la punta di un iceberg, che ha interessato anche altre grandi della massima serie. Le scosse del terremoto sono state devastanti e hanno precipitato la Vecchia Signora per la prima volta nella serie cadetta con una pesante penalizzazione, facilitando l’esodo da Torino verso la Spagna di alcuni importanti campioni come Gianluca Zambrotta e Fabio Cannavaro, approdato al Real Madrid insieme all’allenatore ex-juve Fabio Capello. Le penalizzazioni di Milan, Lazio e Fiorentina, l’acquisto dei bianconeri Vieira e Ibrahimovic da parte dell’Inter di Moratti fanno dell’armata di Mancini la squadra più attrezzata per vincere lo scudetto anche quest’anno, dopo averlo ottenuto per via “amministrativa” lo scorso anno (2004-2005 non assegnato, 2005-2006 attribuito ai nerazzurri dal commissario straordinario Figc Guido Rossi).
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Il capolavoro di Lippi: l’Italia vince i Mondiali
Lo scossone che ha interessato il calcio italiano sul finale della stagione ha avuto però anche l’effetto di cementare il gruppo di giocatori convocati da Marcello Lippi per i mondiali disputati in Germania. Il tecnico viareggino – parzialmente toccato dalla bufera a causa dei rapporti professionali del figlio Davide con la società di procuratori Gea World di Alessandro Moggi – ha saputo isolare i giocatori, farli concentrare al meglio e trasformare la rabbia e le preoccupazioni dei calciatori in nuovi, forti stimoli per la conquista del titolo mondiale. I frutti di questo sforzo psicologico, tra l’altro, sono confluiti in un libro scritto con Rosa Alberoni (titolo “La squadra”). Sul campo la nazionale non ha avuto ostacoli particolarmente gravosi almeno fino alla semifinale (nel girone di qualificazione Repubblica Ceca, Stati Uniti e Ghana, gli ottavi contro l’Australia di Hiddink, i quarti contro l’Ucraina di Shevchenko), quando gli azzurri hanno superato i padroni di casa tedeschi al termine di una gara come sempre accesissima ma corretta. Gran finale poi contro la Francia di Zidane: partita conclusa ai rigori con errore decisivo di Trezeguet e azzurri sul tetto del mondo. Conclusione di carriera amara per il grande Zizou, costretto ad abbandonare il campo per la famosa testata rifilata a Marco Materazzi. Quarta Coppa del Mondo per gli azzurri – solo il Brasile ha fatto meglio – Pallone d’Oro e Fifa World Player per il capitano Fabio Cannavaro. La gioia per le strade d’Italia è stata incontenibile: le amarezze di Calciopoli sono state rimosse almeno per un po’, tutti gli italiani hanno ammirato il muro difensivo azzurro, le sgroppate sulla fascia di Fabio Grosso (e l’incredibile goal in semifinale), la regia di Andrea Pirlo a centrocampo, l’energia di Simone Perrotta, il furore agonistico di Gennaro Gattuso, per non parlare della prova tutta classe, fiato e muscoli di Gianluca Zambrotta. Un organico forse non stellare dal punto di vista tecnico, ma solidissimo in difesa e a centrocampo, ben amalgamato e caricato dal tecnico. Un buon collettivo trasformato in un gruppo di campioni a 24 anni dall’ultimo mondiale conquistato dall’Italia.
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Il ritiro di Schumacher, il testimone passa ad Alonso
Emozioni e rimpianti, invece, per gli sportivi italiani, dal mondo dei motori. Più appassionanti che mai il mondiale di Formula 1 e il Motogp. La Renault e Fernando Alonso, un campione ormai definitivamente consacrato, hanno tagliato il traguardo finale davanti a tutti, ma Michael Schumacher sulla Rossa di Maranello è stato protagonista di una rimonta eccezionale nella seconda parte dell’anno. Perfettamente appaiato al rivale spagnolo al penultimo appuntamento del mondiale (il Gran premio del Giappone), Schumi si è fermato incredibilmente sulla soglia della grande impresa per la rottura del motore della sua monoposto. Il rammarico dei tifosi ferraristi aumenta, poiché il tedesco non gareggerà più in Formula 1, ma rimarranno anche, indelebili, le immagini del campione che scende dalla sua macchina in panne e va ad abbracciare i meccanici e a rincuorarli nel momento più difficile. Sette campionati conquistati, 250 gran premi disputati, 91 gare vinte in quasi quindici anni di carriera fanno di Schumacher una leggenda di questo sport e un idolo dei tifosi della Rossa. Il suo testimone viene raccolto ora da Fernando Alonso, che nel 2007 correrà su McLaren, mentre la Ferrari si affiderà ai giovani Massa e Raikkonen.
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La delusione di Valentino Rossi, la vittoria finale tocca a Nicky Hayden
Per certi versi la conclusione del mondiale è stata simile per l’asso italiano del motociclismo, Valentino Rossi, anch’egli protagonista di un grandioso recupero sull’americano Nicky Hayden, culminato con una caduta sul circuito spagnolo di Valencia. Amara delusione per il “Dottore”, abituato a cannibalizzare il campionato con la sua classe e il suo talento, ma anche una sicura possibilità di riscatto, visto che, a differenza di Schumacher, Valentino continuerà a gareggiare, sempre che le sue aspirazioni di passare alle quattro ruote – coltivate non poco anche quest’anno a margine del Motogp – non si concretizzino da un momento all’altro. Poco probabile un suo approdo in Formula 1, ma il campione di Tavullia ha provato anche altre vetture, a cominciare da quelle dei rally…
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Ciclismo sconvolto dal doping, svetta la classe di Bettini
Gioie e dolori per l’Italia anche dal ciclismo, sconvolto dai continui scandali sul doping (ma questo è un fenomeno mondiale) e rappresentato da due corridori molto diversi tra loro, Ivan Basso e Paolo Bettini. Il ciclista varesino è stato l’assoluto dominatore del Giro d’Italia, tenuto in pugno fino all’ultima giornata (se si eccettuano alcune schermaglie con Gilberto Simoni) con il piglio del consumato vincitore. Grande promessa del movimento ciclistico italiano, Basso sembrava prontissimo per tentare la mitica accoppiata Giro-Tour, che consacra i campioni riservando loro un posto nella ricca storia di questo nobile sport un po’ decaduto. Ma il presunto coinvolgimento nell’Operacion Puerto - uno scandalo scoppiato in Spagna dove operava il medico Eufemiano Fuentes, ritenuto in incognito collaboratore di importanti società sportive, per le quali avrebbe offerto assistenza in pratiche dopanti – ha bloccato la stagione del varesino. Basso ha subìto dapprima la presa di distanza del team manager della Csc Bjarne Rijs, si è visto escluso dal Tour ed è rimasto fermo per alcuni mesi, tra l’altro senza mai presentare, almeno pubblicamente, una circostanziata ricostruzione dei fatti che gli venivano attribuiti. Il procedimento sportivo italiano a carico di Basso si è concluso con l’archiviazione e ora il varesino ha firmato un contratto con la squadra americana Discovery Channel, dove prenderà il posto di quel Lance Armstrong che ancora oggi, a fasi alterne, è costretto a difendersi da accuse analoghe. Nel frattempo il Tour 2006 si è concluso con la squalifica del vincitore Floyd Landis, sempre per doping. Chi ha mostrato di essere davvero un campione degno e uno sportivo eccezionale è stato, ancora una volta, Paolo Bettini, medaglia d’oro ad Atene 2004 e nuovo campione del mondo su strada. Il “Grillo” di Cecina, vincitore anche del Giro di Lombardia, è uno degli sportivi azzurri più amati per le sue qualità umane e agonistiche, per la sua imprevedibilità e spettacolarità in gara. Gioie e dolori si sono però alternati anche nel suo cuore: in un anno meraviglioso come questo è stata grande la tristezza per la perdita del fratello Sauro, il suo primo e più grande tifoso, in un incidente stradale proprio vicino casa.
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L’Italia vince la sua prima Fed Cup, ma il re del tennis è Roger Federer
Lo sport italiano si è distinto anche in alcune discipline che sono da sempre riservate a campioni di altre nazionalità. È il caso del tennis, che ha visto le atlete azzurre superare tutte le altre compagini e conquistare la prima, storica, Federation Cup. Francesca Schiavone e compagne si sono imposte sul team del Belgio e hanno riscattato la prova decisamente deludente dei colleghi uomini. Ma, dicevamo, il tennis mondiale è il regno di altri campioni, e in particolare dello svizzero Roger Federer, un mostro di classe e di risultati, capace di vincere tre prove del grande slam su quattro (Wimbledon, Usa e Australian Open). Solo sulla terra rossa il grande Roger ha ancora qualche difficoltà: qui ha subito le principali sconfitte da parte dell’acerrimo avversario Rafael Nadal (vincitore di Roland Garros). Ma nel complesso non c’è stata storia, e lo ha dimostrato anche il Masters di fine anno, dove Federer ha annichilito gli altri sette giocatori più forti del mondo con prestazioni al limite dell’umano. Colleghi e avversari, candidamente, ammettono: “Per battere Federer devi giocare al 110%”. Insomma, l’elvetico come Tiger Woods, il principe del golf. Tra l’altro sono anche diventati amici, nel nome della comune propensione alla vittoria sempre e comunque. Mancherà invece al gran circo del tennis il mitico Andre Agassi, che ha chiuso in lacrime, sui campi di Flashing Meadows, la sua più che ventennale carriera. I ventiquattromila spettatori che affollavano gli spalti erano tutti in piedi, il 3 di settembre. Gli occhi lucidi, i volti tesi per l’emozione. Un bambino sventolava un cartello con la scritta “ Legends never die”. La folla gli ha tributato uno dei più intensi applausi della storia del torneo. Ironia della sorte, l’ultimo incontro lo ha giocato contro un tedesco che si chiama Becker e che, come se non bastasse, di nome fa Benjamin. L’ultima apparizione da professionista per Agassi è stata, dunque, contro un certo B. Becker. Non quello più famoso, contro il quale ha dato vita a tanti duelli, ma solo un suo omonimo, che occupa il 112esimo posto nella classifica mondiale. Un ciclo si è chiuso: ora per Agassi, come per la moglie, l’ex-campionessa Steffi Graf, comincia una nuova fase della vita.
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Il “Mago” Bargnani esordisce in Nba con i Toronto Raptors
C’è un po’ di Italia anche in Nba. Il protagonista dell’anno è stato Andrea Bargnani, detto il “Mago”, 21 anni appena compiuti ma già un nome da ricordare nella storia del basket, italiano ed americano, per essere stato selezionato – unico giocatore europeo - come prima scelta assoluta nell'ultimo draft. L’ex lungo romano della Benetton Treviso veste ora la maglia dei Toronto Raptors. Buono l’inizio del cestista italiano: qualche spaesamento iniziale, ma ora Andrea sta guadagnando sempre più minuti in campo e sta facendo sempre più punti.
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L’Italia continua a fare scuola: la scherma azzurra ha il volto di Margherita Granbassi
Sette medaglie, una d'oro (quella di Margherita Granbassi, nel fioretto femminile trasformato in campionato nazionale grazie all'argento della Vezzali e al bronzo della Trillini), le altre equamente divise tra argento (3) e bronzo (altrettante). Non è stato da buttare il bilancio della scherma azzurra ai mondiali di Torino, anche se l'epilogo di molte gare ha lasciato l'amaro in bocca, soprattutto a due anni dall'appuntamento olimpico di Pechino. Hanno deluso i fiorettisti Sanzo e Cassarà, ha deluso Aldo Montano nella sciabola, le conferme arrivano come sempre dal fioretto femminile. La vera notizia è stata la vittoria della Granbassi sulla Vezzali, divoratrice di primati e donna leader della squadra azzurra. Una bella sorpresa, senza dubbio, e, almeno in questo caso, la certezza che la scuola italiana rimane finora inimitabile.
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Da Vanessa Ferrari ad Alessia Filippi: le rivelazioni del 2006
Molti i singoli atleti, inoltre, che hanno regalato gioie agli sportivi italiani quest’anno. Per motivi di spazio ci consentiamo solo una veloce carrellata, citando la sorpresa della giovanissima Vanessa Ferrari, un oro e due bronzi ai mondiali di ginnastica; la nuotatrice Alessia Filippi, che ha vinto l'oro nei 400 misti agli europei 2006 di Budapest e si è appena ripetuta a Helsinki nella stessa gara in vasca corta; Andrew Howe Besozzi, campione europeo di salto in lungo a Goteborg, e Stefano Baldini, oro olimpico ad Atene 2004, il maratoneta per eccellenza, campione europeo in carica.
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«Ho altro da fare nella vita»: l’abbandono a sorpresa di Ian Thorpe
Infine, dopo Schumacher, dopo Agassi, lo sport internazionale perde con il 2006 un altro dei suoi protagonisti, questa volta ancora giovane ma già cinque volte campione olimpico di nuoto: il fenomeno australiano Ian Thorpe. “Torpedo”, 24 anni, in soli tre anni ha battuto tredici record mondiali. Ultimamente aveva mostrato segni di demotivazione, forse per l’indigestione di vittorie conquistate in carriera. “È stata una decisione dura, ma sono contento di averla presa”, ha detto alla stampa con il sorriso sulle labbra. “Ho cominciato a guardare a me stesso, non solo fisicamente, ma anche come persona”, ha confessato Thorpe. E così ha ricordato a tutti i tifosi, a tutti noi, che dietro uno sportivo, anche il migliore, anche il più apparentemente invulnerabile, si cela sempre un uomo con la sua storia fatta di soddisfazioni e sacrifici, con il suo mondo interiore e le sue scelte di vita.
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