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19 marzo 2007

Iva auto, il miraggio dei rimborsi

di Marco Mobili e Salvatore Padula

C'è chi la chiama il "grande bluff". E chi parla di miraggio. Chi la considera una beffa. E chi non esita a definirla un imbroglio. Intorno all'operazione rimborsi Iva sulle auto - ma il discorso vale anche per il nuovo regime fiscale sui veicoli aziendali, introdotto con il Dl 262 - sta via via crescendo il malcontento di imprese, lavoratori autonomi e dei loro consulenti.
Di certo, per i contribuenti sarà tutt'altro che una partita a "saldo zero". I 17,2 miliardi inizialmente quantificati dal Governo per rimborsare quattro annualità di Iva, dopo la condanna della Corte Ue, sono un lontano ricordo: nemmeno un quarto di questa cifra finirà effettivamente nelle tasche dei contribuenti. I quali, a meno di un mese dal 16 aprile, termine per la presentazione dell'istanza di rimborso dell'imposta non detratta sugli acquisti e i costi di gestione delle veicoli utilizzati per attività di impresa o professionale, si trovano sempre più in un vicolo cieco.
La procedura messa a punto dal Governo per restituire l'Iva si sta rivelando un'impresa impossibile. Tanto impossibile che sono molte le segnalazioni giunte al Sole-24 Ore di contribuenti e consulenti esasperati, pronti addirittura a "gettare la spugna". A rinunciare al rimborso, accusando il ministero dell'Economia di aver volutamente escogitato un sistema così diabolico da indurre i potenziali interessati a desistere.
Il tutto aggravato da un paradosso, più volte segnalato su questo giornale: a fronte di un rimborso incerto (come e quando arriveranno questi importi?), e per certi aspetti "impossibile" (anche per i tempi sempre più stretti), i contribuenti stanno già pagando il prezzo del nuovo regime fiscale sulle imposte dirette, visto che i costi delle auto aziendali ai fini Ires, Irpef e Irap sono ora completamente indeducibili (o comunque sono stati ridotti i tetti di deducibilità). Per tacere, poi, della stretta che ha colpito da gennaio anche le auto concesse in benefit ai dipendenti.

Il passato
L'esborso dello Stato per rimediare alla sentenza della Corte è stato inizialmente quantificato in 17,2 miliardi di euro. Successivamente, questo importo è stato rideterminato in quasi 16 miliardi (al netto del recupero di gettito delle imposte dirette). Come accennato, però, ai contribuenti andrà molto meno.
I motivi? Innanzi tutto, questi valori sono calcolati sulla base di una detraibilità dell'Iva al 100 per cento. Ipotesi, questa, assolutamente irrealistica, alla luce dello stesso tenore della sentenza europea. La quale vincola la detraibilità dell'imposta all'"inerenza", vale a dire all'effettivo utilizzo dei veicoli ai fini dell'attività di impresa o di lavoro autonomo.
Per il rimborso, si possono seguire due strade: una "analitica", che pone a carico del contribuente l'onere di dimostrare l'effettivo utilizzo dell'automezzo (cosa praticamente impossibile, soprattutto per gli anni più lontani); e una forfettaria, più rapida, ma anche questa non meno complessa. L'agenzia delle Entrate, con il consueto "comunicato legge", ha predisposto regole e modulistica per chiedere la restituzione dell'imposta, fissando al 40% la parte di Iva detraibile. Ecco che, allora, i 17,2 miliardi iniziali non sono in realtà più di 6,9, per i quattro anni interessati al recupero dell'imposta.
Inoltre, i conti del Governo dimenticano che una quota di Iva, almeno sugli acquisti dei veicoli, era già detraibile (10% nel 2003 e 2004; 15% nel 2005 e 2006): il che - stima prudenziale - dovrebbe ridurre i 6,9 miliardi a poco più di 6,2. Dando anche per vera la quota di 1,2 miliardi imputabile alle maggiori Irpef/Ires/Irap stimata dal Governo si arriva a 5 miliardi di euro, che si riducono addirittura a 4 se invece si considera un prelievo medio per le dirette intorno al 35 per cento.
Naturalmente, tutto questo, nell'ipotesi - alquanto improbabile - che tutti i contribuenti interessati presentino entro il 16 aprile (salvo proroghe) istanza di rimborso e riescano a orientarsi in un percorso a ostacoli tale da far desistere anche il più pignolo dei contabili.

Il presente
La vicenda del nuovo regime fiscale delle auto è, se possibile, ancor più preoccupante. Sul versante Iva, la detrazione - in questo senso il Governo si sta muovendo con la Commissione Ue - si dovrebbe fermare al solito 40 per cento. Per contro, come accennato, le imprese non hanno più alcuno sconto sulle imposte dirette e sull'Irap e anche i lavoratori autonomi hanno perso parte dei precedenti benefici.
Nel bilancio dello Stato, il maggior recupero di Iva da parte dei contribuenti è cifrato in 5,28 miliardi. Anche in questo caso, però, il dato è "bugiardo", perché si riferisce a un recupero integrale dell'imposta e non al 40 per cento. Va da sé, che per il 2007, si può realisticamente quantificare in 3 miliardi la minore Iva che sarà pagata dai contribuenti. I quali, però, avranno un aggravio sul fronte delle imposte dirette e dell'Irap che la relazione tecnica al Dl 262 quantifica in oltre 5,3 miliardi. Come dire che nel 2007, tra Iva e dirette, i contribuenti dovranno sopportare un maggior prelievo sulle auto aziendali pari a qualcosa come oltre 2 miliardi.
Insomma, un "uno-due" da mandare al tappeto chiunque. E che rischia di avere conseguenze pesantissime, se il Governo non si affretterà a mantenere l'impegno, preso con la Finanziaria, di rivedere regole e limiti di deducibilità dei costi delle auto per le imposte dirette. Evitando così che la sentenza della Corte Ue si trasformi nel pretesto per l'ennesimo sgambetto a imprese e professionisti.

marco.mobili@ilsole24ore.com

salvatore.padula@ilsole24ore.com



 
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