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Stephen Nickell: bisogna saper spendere

di Rossella Bocciarelli

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27 maggio 2006

La sola strada per uscire davvero dalla povertà è puntare tutto sull'istruzione. Ma intanto sarebbe utile riuscire a ridisegnare anche in Italia il sistema di welfare. Ne è convinto Stephen Nickell, 62 anni, professore di Economia alla London School, esponente del Comitato di politica monetaria della Bank of England, speaker al festival dell'Economia di Trento nella giornata di sabato 3 giugno.

Professore, in Italia, secondo i più recenti dati dell'Istat, ci sono 4 milioni di lavoratori che hanno salari molto bassi e un milione e mezzo di loro appartiene a famiglie disagiate. Come spiega la presenza di un numero così consistente di lavoratori poveri?

In alcuni Stati la distribuzione dei redditi è estremamente dispersa e credo che questo sia vero per l'Italia così come lo è per la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Diversamente da quanto accade in Svezia, Danimarca o Finlandia, dove ci sono pochi lavoratori poveri, in Paesi come il mio o come l'Italia c'è molta gente che vive al di sotto della soglia di povertà. Allora ci si può chiedere perché esistono Stati che hanno una distribuzione dei redditi così dispersa.

Già, perché?

Gli Stati che hanno una forte dispersione nella distribuzione dei redditi di solito hanno anche una forte dispersione dei tipi di abilità professionale. Per esempio negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e forse anche da voi c'è molta gente con bassa specializzazione professionale, il che non è il caso appunto dei Paesi del Nord Europa. Grosso modo, queste differenze dipendono dal sistema scolastico, dalla formazione. Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e penso anche in Italia il sistema educativo non è molto efficace nel fornire una preparazione appropriata alle persone che si trovano in fondo alla scala delle abilità professionali.

L'Italia in anni recenti ha sperimentato una crescita economica molto bassa. Si può pensare che questa possa essere una delle concause del peggioramento della distribuzione del reddito?

No, perché il problema della distribuzione del reddito viene da lontano, mentre quello della bassa crescita risale ad anni più recenti ed è a mio parere un problema di tipo macroeconomico. In Italia il costo del lavoro è cresciuto molto più rapidamente che nei Paesi limitrofi, come Germania e Francia. Nei loro confronti, collocandosi all'interno di un'area valutaria unica, l'Italia sta perciò diventando sempre meno competitiva. Per non parlare della crescente competizione dei Paesi extraeuropei. Inoltre, il mercato del lavoro in Italia non è molto efficiente rispetto all'esigenza di contenere il costo del lavoro. Però io non credo che tutto questo abbia a che vedere con il peggioramento dei redditi dei lavoratori poveri. Per i quali il problema principale, che si profila in tutti i Paesi, è la tendenza a diventare dei disoccupati, ad essere espulsi dal mercato del lavoro, per via della scarsa specializzazione.

E sotto il profilo delle politiche, qual è la cura migliore?

Nel lungo periodo, la sola soluzione sta nel potenziamento dell'istruzione e del sistema educativo. Nel breve, la soluzione, a parte quella di disporre di un'economia più brillante, è puntare su un sistema di benefit o di trasferimenti pubblici per sostenere il reddito dei lavoratori più poveri. Il sistema di welfare italiano non è ben finalizzato, la spesa pubblica non viene orientata nel modo più efficace. Per verificarlo, basta dare un'occhiata ai confronti internazionali fatti dall'Ocse: quando la quota di spesa sociale che viene destinata a quel 30% di persone in età da lavoro che si colloca nella fascia di redditi più bassa è inferiore al 30%, com'è il caso dell'Italia, dove ai più poveri affluisce solo il 20% della spesa sociale, allora la struttura di questa spesa pubblica è squilibrata, perché non serve a ridurre la povertà.

Non pensa che ridurre il cuneo fiscale che grava sui salari possa essere uno strumento efficace anche per il sostegno del reddito dei lavoratori più poveri?

La mia impressione è che se si deve ridurre un tipo di tassa, in questo caso la tassazione sul lavoro, solo per finire ad aumentare un'altra imposta, allora questa misura non è utile. E in ogni caso, non sarebbe adatta per fronteggiare il problema specifico dell'impoverimento. Il problema di fondo è che i Governi non vogliono mai ridurre il livello della spesa pubblica. Per risolvere i problemi di welfare è più opportuno concentrarsi su una razionalizzazione della spesa sociale, che consenta di orientarla meglio sull'obiettivo "povertà".

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