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23 novembre 2006

Decreto fiscale, l'Unione tiene

di Barbara Fiammeri

La prima battaglia al Senato sulla manovra Romano Prodi l'ha vinta. Nonostante i numeri risicati, la sua maggioranza ha tenuto. Sul decreto fiscale non è stato necessario ricorrere alla fiducia e per ben 51 volte — tante sono state le votazioni ieri — l'opposizione ha dovuto prendere atto di essere in minoranza. I senatori a vita hanno avuto ancora una volta un ruolo determinante.
Ma la cronaca parlamentare di ieri registra anzitutto la compattezza dell'Unione e qualche defezione nel centrodestra. Anche i senatori incerti, come l'argentino Pallaro, hanno confermato il voto con il centrosinistra mentre l'ex Idv De Gregorio è stato assente per gran parte della giornata così come Marco Follini.
L'unico vero rischio corso dall'Unione è stato in occasione delle prime votazioni al mattino, quando l'emendamento contro le misure per la lotta all'evasione non è passato per un solo voto a causa dell'errore della senatrice dell'Idv, Franca Rame, che — come ha ammesso lei stessa — ha premuto il tasto sbagliato. Due soli invece i voti di scarto sugli scontrini fiscali e in questo caso il voto dei senatori a vita si è rivelato decisivo ( al momento erano presenti Rita Levi Montalcini, Francesco Cossiga, Emilio Colombo e Oscar Luigi Scalfaro ai quali si è aggiunto nel pomeriggio Carlo Azeglio Ciampi).
«La maggioranza —ha commentato ieri sera il capogruppo dell'Ulivo al Senato, Anna Finocchiaro —ha tenuto colpo su colpo».Finocchiaro è soddisfatta. Come anche il presidente del Senato Marini, che aveva espressamente manifestato la sua contrarietà alla fiducia venendo incontro anche alle richieste della Cdl. La decisione di mostrare di «avere i numeri » è stata assunta nel vertice tenutosi al mattino prima dell'inizio delle votazioni: «Raccogliamo la sfida dell'opposizione e contiamoci». Una mossa dettata anche dalla consapevolezza che la cartuccia della fiducia non può essere sparata ripetutamente e che forse è più saggio conservarla in vista della Finanziaria, dove le votazioni saranno assai più numerose e rischiose.
Lo sa bene il premier. Prodi ieri sera era soddisfatto. «Bisogna andare avanti con questa maggioranza»,ha ribadito a chi ha avuto modo di sentirlo nelle ultime ore.
Il professore guarda avanti. Nell'agenda dei prossimi mesi ci sono pensioni e liberalizzazioni. Due passaggi che dovranno essere affrontati — sottolineano gli uomini vicino al premier — attraverso il contributo di tutti. Insomma, l'Unione deve trovare una sua «sintesi» se poi qualcuno vorrà sostenere le proposte della maggioranza tanto meglio.
Con il passare delle ore appare chiaro a tutti al Senato, sia nel centrodestra che nel centro sinistra, che la maggioranza tiene. Nella Cdl sono assenti Sterpa e Guzzanti (a causa di un grave lutto). Dopo le prime votazioni il divario tra i due schieramenti diventa sempre più ampio (la distanza maggiore si raggiunge quando la Lega non vota a favore dell'emendamento per il Ponte sullo Stretto). In aula di tanto in tanto si leva qualche mugugno ma lasituazione appare sempre sotto controllo.
Marini dirige con saggezza e raccoglie anche il plauso dell'opposizione a cui concede tempi aggiuntivi per illustrare gli emendamenti. Il presidente più volte ricorre anche all'ironia, come quando frena l'operosità di qualche pianista della Cdl:«Nella fila dietro al senatore D'Onofrio c'è una scheda che vota da sola...».
L'opposizione fa un po' di melina nel tardo pomeriggio sugli ordini del giorno, complice anche la benevolenza del vicepresidente del Senato Baccini che ha sostituito Marini. Arriva qualche protesta (Storace)contro i senatori a vita. Ma nessuno usa toni eccessivi. L'Unione porta a caso il risultato. Per ora nessuna spallata.Oggi però si ricomincia. Il voto finale sul decreto è atteso in tarda mattinata. Salvo colpi di scena la fiducia, almeno per questa volta,pare davvero scongiurata.



 

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