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È l'anno delle aquile, parola di cronista
di Dario Ceccarelli

Fuori i secondi. Ormai è tutto pronto per la partenza dell’89°Giro d’Italia che scatta sabato da Seraing, in Belgio, con una cronometro individuale di 6,2 km e si conclude, dopo un’ultima settimana di ottovolante alpino, domenica 28 maggio a Milano.
Lo si dice sempre, prima di ogni partenza, che le montagne faranno sfracelli; che i distacchi si conteranno con la sveglia; che anche le aquile, davanti a queste impennate, non dormiranno tranquille. E’ la retorica del Giro: lo si faceva perfino ai tempi di Moser e Saronni, quando le montagne erano piallate da mastro Vincenzo Torriani. Però….
Però questa volta non si fa pretattica. Perfino nella cronoprologo incombe una salita, con due gradini, che taglia fuori gli specialisti. Insomma, non ci sarà mai tempo per rifiatare. La Maielletta, nell’ottava Tappa, è già salita vera. Chi salta qui, come dice Danilo Di Luca che su queste strade si allena spesso, ha chiuso col Giro.
E’ vero che a Pontedera (11° tappa) c’è una cronometro di 50 km piatta come la pancia di una fotomodella, però poi il Giro si vincerà in montagna: a La Thuile, sul Monte Bondone, A Plan De Corones, al passo di San Pellegrino, sul Gavia e sul Mortirolo che precedono, tra le nuvole, il traguardo dell’Aprica.
In questo disperato su e giù, le tattiche alla fine non conteranno. Conteranno invece le gambe e la lucidità, la capacità di dosar gli sforzi. In questo senso il favorito numero uno è per forza Ivan Basso, il Godot del ciclismo italiano. Il varesino, 28 anni, ha tutto dalla sua: è forte a cronometro e resistente in salita, è esperto e supportato da una squadra di tutto rispetto. Insomma, tocca a lui. L’unica riserva, rispetto agli altri favoriti (Cunego, Simoni e Savoldelli) è che Basso non ha mai vinto un Giro e che poi dovrà partecipare, da protagonista, anche al Tour de France. Non è facile, nel ciclismo attuale, fare due centri consecutivi. Soprattutto se non hai ancora vinto niente. Speriamo bene, e soprattutto, in prospettiva Tour, auguriamoci che il ritiro di Amstrong emancipi Basso dal ruolo di eterno secondo.
Damiano Cunego, il più esplosivo dei favoriti, sembra tornato quello del 2004, quando a 22 anni vinse il Giro facendo marameo al suo capitano, il ruvido e schietto Gilberto Simoni. Il problema di Cunego è la cronometro. Ma se non prende una mazzata troppo pesante, Damiano ha molto terreno per rimontare. Il suo valore aggiunto è la freschezza e la capacità di recupero. Anche Simoni, 35 anni, arriva in gran spolvero. Corre con una nuova squadra, è molto forte in salita e soprattutto vuole dare una bella legnata al giovinastro Cunego, troppo sfacciato per i suoi gusti. Può farcela, anche se l’età non depone a suo favore.
E Paolo Savoldelli? Acqua cheta, meglio non sottovalutarlo, anche se ha sofferto per una recente dissenteria. Intanto ha già vinto due giri, poi corre con una squadra fortissima, la Discovery Channel. In salita tiene, nelle crono è forte, in discesa è un fulmine. Averne di tipi così… Due parole anche per Paolo Bettini e Danilo di Luca. Il primo può inventarsi qualche colpo a sorpresa, fare la mina vagante. Di Luca, 30 anni, invece ha impostato tutta la primavera per prepararsi al Giro. L’anno scorso, con due tappe e il quarto posto in classifica, ha dimostrato di essere cresciuto. E’ la sua grande occasione, e vuole non perderla. Il dubbio è: reggerà a tutte queste fatiche?
Chiudiamo con le possibili sorprese. A parte Jan Ullrich, che al Giro viene solo per dimagrire, tra gli stranieri bisogna tener d’occhio il venezuelano
Josè Rujano, 24 anni, già in primissimo piano nel 2005. Grande talento, ma testa matta: quest’anno ha corso pochissimo. Arriva fresco fresco, forte solo delle nove vittorie dell’anno scorso. Il percorso è fatto su misura per lui. Rujano, tipo strano, può essere la rivelazione o un fuoco d’artificio che nasconde, per un attimo, le stelle più brillanti.


 

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