Maglia Rosa e fiocco azzurro per Ivan il patriarca |
di Dario Ceccarelli |
Si fa il conto alla rovescia. Quanti giorni all'alba, come a militare. Milano più che un viaggio è un miraggio. Dopo tremiladuecento chilometri, tutto è fatica. Anche fare i gradini dell'albergo per salire in camera a dormire. Da Trento all'Aprica sono 211 chilometri ma arrampicandosi per il Tonale, il Gavia e il Mortirolo. Già nominarlo, Mortirolo, suona sinistro. Farlo è molto peggio. Una stradina per corvi e stambecchi con una pendenza media del 20 per cento. Se una auto con la frizione bruciata si ferma son dolori: non passa più nessuno. Bisogna spingerla di lato, e riprenderla il giorno dopo, quando, insieme alle cartacce, resta solo il cartello del Giro: 3 km al Gran premio della montagna. Non c'è più Jan Ullrich, il panzer della lancette, fuggito da questa mattanza per spirito di sopravvivenza; e soprattutto per non dover rispondere a domande sgradite sui suoi rapporti con Eufemiano Fuentes, uno dei medici arrestati in Spagna per il traffico di sangue rigenerato. E' la nuova frontiera del doping, l'autoemotrasfusione. Ora che l'epo è sotto tiro è meno rischioso ripulire il sangue dei corridori arricchendolo d'ossigeno. Come fare il bucato in tintoria. Quando l'abito è pronto lo ritiri. Se poi sei ambientalista, meglio ancora, puoi dire è ecologico e non ha controindicazioni. Ci sono due corse parallele. Quella per gli ultimi traguardi di giornata e quella per salire con Ivan Basso sul podio di Milano. Nei due gradini sotto, ovvio. Nella prima corsa saltano fuori i pesi piuma, gli scalatori da cinquanta chili che su queste rampe zampettano come caprioli. Il messicano Julio Alberto Perez Cuapio, il colombiano Josè Serpa, lo spagnolo Manuel Garate, primo a San Pellegrino con la benedizione del tedesco Jens Voigt che gli aveva succhiato la ruota per tutta la fuga. Sentendosi in colpa, in un rigurgito di coscienza sportiva, il tedesco, poco prima del traguardo di San Pellegrino, ha dato una pacca amichevole sulla spalla di Garate. Come a dire, vai tu, che questa tappa te la sei guadagnata. E Garate, che come Basso tiene famiglia, non ci ha pensato due volte. Piccoli gesti che, con ricevuta di ritorno, fanno bene al ciclismo. L'altra corsa, per il secondo e terzo posto, ormai è riservata a pochi. In pole position quella vecchia pellaccia di Gilberto Simoni e il sempre più sorprendente Gutierrez Cataluna, detto El Bufalo per la sua testardaggine. Pesa quasi 80 chili, dicono di lui gli scettici. Scoppia, scoppia, tranquilli, insistono. Prima o poi scoppierà, ma intanto El Bufalo, gregarione dalle scarpe grosse e dal cervello fino, si toglie le sue belle soddisfazioni. E Ivan il Terribile? Se la passa bene anche se pure lui aspetta solo di infilarsi sotto la doccia nella sua bella casa di Cassano Magnago dove i suoi tifosi, se vince, non lo faranno dormire fino al Tour de France. Ormai Basso ragiona da patriarca. Venerdì mattina gli è arrivato un secondogenito che di nome fa Santiago. Un fiocco azzurro, quindi. Ma quello rosa, Domitillia, una bella bimba di tre anni, l'aveva già in casa. Tutto secondo i piani, quindi, anche se ci viene il sospetto che sia molto più impegnativo trovare dei nomi così ai propri figli che vincere un Giro d'Italia. 26 maggio 2006 |
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