Un anno da dimenticare per il fulmine di La Spezia |
di Dario Ceccarelli |
Che non tirasse aria, lo si era già capito domenica quando nella prima volata è stato infilzato come un tordo da quel castigamatti di Mc Ewen. Sembrava imbastito, poco reattivo. Ma a volte succede che nelle prime tappe il motore faccia fatica a carburare. Anche l'anno scorso era partito male e poi aveva fatto sfracelli. Invece, in quell'incertezza di Alessandro Petacchi, c'era già lo zampino del diavolo. Uno zampino che è tornato a colpire alla periferia di Huy, 50 chilometri dal traguardo, sotto una pioggia da far paura. Del resto, siamo in Belgio, mica ad Agrigento. Un tempo da lupi che neanche alla Parigi Roubaix. Vento, freddo, acqua di traverso, l'asfalto come una saponetta. E così Alessandro Petacchi, il numero uno dei velocisti, finisce malamente a terra insieme a Dario Cioni, suo ex gregario diventato capitano in un'altra squadra. Quest'ultimo si rialza rapidamente, Petacchi invece, che picchia il ginocchio sinistro, fa più fatica a rimettersi in sella. Si capisce che qualcosa non va. Alla fine si rimette in marcia ma quei 50 chilometri fino al traguardo di Namur sono una penosa marcia di trasferimento verso l'ospedale. Scortato dai suoi compagni, Petacchi soffre, si tocca il ginocchio, chiede un po' di ghiaccio al dottor Tredici che lo segue in macchina. Alessandro sa che c'è qualcosa di rotto, non è tipo da far cinema. In passato, anche pieno di bende e cerotti, ha vinto fior di tappe. Invece questa volta si deve rassegnare. Al traguardo arriva con un quarto d'ora di ritardo. Il referto è secco: rottura della rotula sinistra. Giro finito, e Tour de France quasi sicuramente compromesso. Se gli va bene gli resta la Vuelta. Tutto per una caduta quasi di ruotine, mica in una volata mozzafiato. Un anno da dimenticare, dopo il fiasco del mondiale 2005 e lo stentato avvio di primavera. Ma il ciclismo è così: un anno sei formidabile, quello dopo buono solo per andare a Lourdes. Intanto Petacchi torna o in Italia. Oggi pomeriggio sarà a Lucca dove verrà operato dal profesor Castellacci. Ironia della sorte oggi si corre una tappa da velocisti, Warze Hotton, di 193 chilometri. Vecchia storia. Si perde un attore, ma lo spettacolo, giustamente, va avanti. Anche perchè le emozioni non mancano. Intanto da ieri c'è un nuovo leader . Un leader che farà strada, non c'è dubbio. Si chiama Schumacher, è tedesco e pigia sui pedali come quello della Formula uno. L'unica differenza sostanziale è che al posto della rossa ha la rosa. Ma è un semplice dettaglio. Stefan Schumacher, 25 anni, vincitore della travagliata tappa di Namur, è il nuovo leader del Giro d'Italia. Savoldelli, peraltro brillante, gli cede la leadership, ma tutto sommato non si rattrista perché sui sui concorrenti diretti (Cunego, Simoni, Basso e Di Luca) guadagna un'altra manciata di secondi mantendo il posto di onore alla spalle di Schumacher. Tutto succede a 1300 metri dal traguardo, sulla salita della fortezza di Namur. Schumacher supera di scatto Rubiano e si è lancia in un lungo sprint inseguito anche dal risorto Davide Rebellin. Ci sarebbe anche Paolo Bettini, molto atteso, ma il campione olimpico, frenato anche da una moto dell'organizzazione, deve arrendersi. Troppo forte, Schumacher. Il suo scatto è perentorio. Che abbia del talento, del resto, lo si era già visto nel prologo a cronometro, dove si era classificato quarto. La Gerolsteiner, la stessa squadra di Rebellin, ha deciso di investire su di lui. Fino a sabato scorso Stefan si prendeva in giro dicendo che lui era lo Schumacher sbagliato. Classe 1981, nato vicino a Stoccarda, è alto e magro come un pioppo. Orecchino e pizzetto, è un trasgressivo del ciclismo. L'unico neo è quello di essere stato beccato a un controllo antidoping lo scorso settembre al Giro di Renania. Un peccato di gioventù, si giustifica. Speriamo 8 maggio 2006 |
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