Cosa accade negli studi professionali |
Diverse le novità introdotte dalla riforma Biagi per l’organizzazione del personale degli studi professionali. Per l’applicazione è però determinante il contratto di lavoro unitario siglato di recente da tutte le associazioni sindacali delle parti (professionisti e loro collaboratori) per l’intero settore dei dipendenti degli studi professionali. Il contratto, - entrato in vigore il 3 maggio scorso scadrà sia per la parte normativa che economica il 30 settembre 2007 -, si stima che coinvolgerà circa 1,5 milioni di persone, fra datori di lavoro e dipendenti.
L’occasione è stata colta, in particolare, per dare spazio alle nuove tipologie contrattuali stabilite dalla riforma del mercato del lavoro sul fronte della formazione.
L’apprendistato professionalizzante
Dal 3 maggio questa tipologia di apprendistato diventa operativa negli studi professionali, grazie alla regolamentazione del contratto collettivo che soddisfa i requisiti previsti per il regime transitorio (legge 80/2005). La sua mission consiste nell’acquisizione di una qualifica attraverso formazione sul lavoro e apprendimento tecnico-professionale.
Le mansioni. Il rapporto nel complesso può essere avviato per qualunque tipo di attività, fatta eccezione per: gli incarichi che comportano poteri decisionali e responsabilità gestionali; quelli che richiedono competenze approfondite tecniche e pratiche (vale a dire i quadri e i dipendenti di primo livello); e ancora per coloro a cui sono affidati compiti che comportino il possesso di semplici conoscenze pratiche di carattere standardizzato e ausiliario (quinto livello). E’ consentito per tutte le mansioni comprese nel secondo, terzo super, terzo, quarto super e quarto livello della classificazione del personale (articolo 83 del contratto collettivo).
I destinatari. In osservanza a quanto stabilito dal Dlgs 276/2003, l’apprendistato negli studi si rivolge ai giovani dai 18 ai 29 anni, vale a dire 29 anni e 364 giorni (secondo quanto ha precisato la circolare del ministero del Lavoro n. 30/2005) oppure a partire dal compimento dei 17 anni, se titolari di una qualifica professionale in base alla riforma scolastica (legge 53/2003); compresi i giovani lavoratori in possesso di titolo di studio di maturità o di attestato di qualifica professionale omogenei rispetto alle attività da svolgere.
Il numero di apprendisti. Non può superare la soglia del 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo studio; tuttavia il datore di lavoro che non ha alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o ne ha meno di tre, può assumere fino a tre apprendisti.
Forma e requisiti del contratto. Va redatto per iscritto. In caso contrario l’apprendistato è nullo (ad substantiam). Il contratto deve poi riportare le seguenti indicazioni: la prestazione ad oggetto, il periodo di prova (max 30 giorni effettivi), il livello di inquadramento iniziale, quello intermedio e finale; la qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto, la durata del periodo di apprendistato e il piano formativo individuale.
La durata. Il Ccnl stabilisce il termine di 48 mesi (4 anni) per le qualifiche comprese nel livello secondo, terzo super e terzo; 36 mesi (3 anni) per le qualifiche che rientrano nel livello quarto super e quarto. Il rapporto può essere stipulato anche a tempo parziale, ma la prestazione non potrà comunque essere inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno.
In base all’articolo 32 del Ccnl il periodo di apprendistato effettuato in altri studi e per la stessa attività potrà essere computato presso il nuovo studio al fine del completamento del periodo prescritto dal contratto. L’addestramento deve riferirsi alle medesime mansioni e non deve essere intercorso, tra un periodo e l’altro, un’interruzione superiore a un anno. In questa ipotesi, pertanto, è ammessa l’assunzione anche di apprendisti di età superiore ai 29 anni e 364 giorni a condizione che il giovane sia intenzionato a concludere un precedente periodo di apprendistato interrotto da meno di un anno.
La formazione teorica. Deve essere pari ad almeno 120ore per anno (anche per i rapporti part time), interna o esterna allo studio. Le attività formative devono avere sia contenuti a carattere trasversale di base sia professionalizzanti.
I tirocini
Con il contratto unitario per i dipendenti professionali viene offerta ai giovani l’opportunità di entrare da subito in studio per un periodo di addestramento sul campo.
Il contratto, infatti, disciplina anche gli stages o tirocini formativi e di orientamento (per cui si veda anche l’articolo ad hoc). Anche in questo caso, il tirocinio non dà luogo a un rapporto di lavoro subordinato ma a un meccanismo trilaterale tra ente promotore, datore di lavoro che in questo caso è il professionista/i titolare/i dello studio e il tirocinante. Occorre ancora una volta un’apposita convenzione che preveda anche il progetto formativo per il singolo tirocinante. Ai tirocini può partecipare chi ha già terminato la scuola dell’obbligo, i cittadini comunitari che si trovino in Italia per esperienze professionali e gli extracomunitari. Il periodo svolto in occasione del tirocinio, se certificato dai promotori, può valere come credito formativo e va registrato sul libretto formativo individuale (approvato con il DM 10 ottobre 2005 del ministero del Lavoro e dell’Istruzione) .
Il lavoro ripartito o job sharing
Il contratto collettivo per i dipendenti degli studi professionali rende ora possibile l’applicazione di questa nuova tipologia contrattuale (per cui si veda anche la scheda ad hoc).
Si realizza quando la prestazione è condivisa fra una coppia di lavoratori e non di più, legati dal vincolo dell’obbligazione solidale nei confronti del datore di lavoro. L’articolo 63 del Ccnl prevede che il job sharing consiste nel “contratto con il quale due lavoratori assumono in solido un’unica obbligazione lavorativa subordinata”. Ogni lavoratore, infatti, risulta direttamente e personalmente responsabile dell’adempimento dell’intera obbligazione. Per il contratto occorre la forma scritta; in particolare dovranno essere riportate le indicazioni in merito alla fascia temporale del lavoro giornaliero, settimanale e mensile o annuale di ciascuno dei lavoratori; tuttavia, previa comunicazione, potranno a loro discrezione sostituirsi e modificare la collocazione temporale pattuita purché la prestazione sia resa. Il compenso, di conseguenza, sarà proporzionale al lavoro svolto. Il Ccnl ha stabilito che in caso di risoluzione, il datore di lavoro può proporre al lavoratore disposto a restare, la conversione del rapporto in un contratto a tempo pieno o il proseguimento del lavoro ripartito con un altro dipendente.
Il part time
La volontà delle parti al centro. In base al contratto collettivo nazionale per i dipendenti degli studi professionali (Titolo X, articoli da 44 a 63), per rapporto di lavoro a tempo parziale (per cui si veda la scheda ad hoc), riprendendo il Dlgs 61/2000 si deve intendere quello pattuito nel contratto individuale e inferiore alle 40 ore settimanali.
In particolare, però, l’articolo 46 demanda la decisione alla volontà delle parti (un “diritto di prelazione” a passare dal tempo pieno al parziale o viceversa per chi già lavorava rispetto ai neoassunti per le stesse mansioni; considerazione delle esigenze della struttura lavorativa; volontarietà delle parti in caso sia modificata l’articolazione dell’orario).
Il contratto deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova (ma la sua assenza non determina la nullità); tuttavia il Ccnl non vincola il contratto individuale ad alcuna durata minima, salvo la precisazione che la prestazione giornaliera fino a quattro ore non potrà essere frazionata nell’arco della giornata lavorativa (salvo per gli addetti alle pulizie).
In merito alle clausole elastiche e flessibili, dispongono gli articoli 51 e 52 del Ccnl che danno applicazione all’articolo 46 del Dlgs 276/2003. Inoltre il contratto nazionale, previo consenso del lavoratore ammette il lavoro supplementare (per intensificazione dell’attività e difficoltà organizzative particolari derivanti da malattia o infortunio di altri dipendenti) e prevede la facoltà del consolidamento nell’orario di lavoro, in tutto o in parte, del lavoro supplementare realizzato in via non meramente occasionale nel semestre precedente.
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