LAVORO OCCASIONALE E ACCESSORIO |
La riforma Biagi, oltre ad introdurre il lavoro a progetto, ha disciplinato anche i rapporti di lavoro occasionale e occasionale accessorio.
Il lavoro occasionale. Le prestazioni occasionali, a differenza di quelle di tipo accessorio, sono prestazioni lavorative di natura autonoma, realizzate a favore di un soggetto senza il vincolo della subordinazione e con il carattere dell’occasionalità.
Non è richiesta l’iscrizione in un Albo professionale né l’apertura di una partita Iva, in quanto il corrispettivo versato dal datore di lavoro è soggetto ad una ritenuta d’acconto pari al 20% dell’importo.
I paletti della riforma. La legge Biagi ha stabilito per il lavoro occasionale limiti ben precisi sia in termini di tempo che di valore, al fine di evitarne un abuso, in quanto spesso interveniva anche in presenza di rapporti caratterizzati da una certa continuità o di breve durata ma ripetuti. Oggi questa figura contrattuale, lavorando al servizio dello stesso committente, non può durare più di 30 giorni nel corso dell’anno solare, né far percepire un compenso che superi i 5mila euro. A riprova, a partire dal 1° gennaio 2004, per chi svolge attività occasionali, nel caso il reddito annuo derivante sia superiore ai 5mila euro, scatta l’obbligo di iscrizione nella gestione separata Inps dei collaboratori. Tuttavia, a differenza del lavoro occasionale accessorio, il contratto può essere concluso per qualsiasi genere di attività.
Il lavoro occasionale accessorio. Si tratta di prestazioni di natura occasionale svolte da persone non ancora entrate nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne, e ancora da soggetti a rischio di esclusione sociale. La legge Biagi si propone così di far emergere il sommerso che accompagna alcune attività lavorative, favorendo anche l’inserimento di fasce deboli del mercato del lavoro.
I soggetti passivi. Deve trattarsi di:
- Persone disoccupate da oltre un anno;
- casalinghe, studenti, pensionati;
- disabili e soggetti in comunità di recupero;
- lavoratori extracomunitari con regolare permesso di soggiorno nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro;
Chi è interessato a svolgere questo tipo di prestazioni deve comunicare la propria disponibilità ai soggetti accreditati o ai Servizi per l'impiego che, a spese dell'interessato, invieranno una tessera magnetica personalizzata.
I soggetti attivi. Il Dlgs 276/2003 non definisce nel dettaglio i soggetti a favore dei quali può essere prestata l'attività; tuttavia, sulla base di quanto stabilito dalla legge 30/2003, si evince che siano:
- enti senza scopo di lucro;
- imprese familiari;
- soggetti non imprenditori o, se imprenditori, al di fuori dell’esercizio della propria attività;
I comparti di attività. Si tratta di:
- piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
- insegnamento privato supplementare;
- piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;
- realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
- collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di solidarietà o di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi;
Il lavoro nelle imprese familiari. Le prestazioni occasionali accessorie possono essere realizzate anche nell'ambito di un'impresa familiare, purché a determinate condizioni.
1. L’impresa deve operare nei settori del commercio, servizi o ancora turismo (in questa ipotesi troverà applicazione la normale disciplina assicurativa e contributiva del lavoro subordinato). Nel comparto agricolo, invece, non sono considerate prestazioni di natura occasionale se si tratta di parenti e affini entro il terzo grado, così come quelle rese per ragioni di solidarietà a titolo gratuito o dietro rimborso spese.
2. L’impresa familiare può utilizzare prestazioni occasionali accessorie entro il tetto massimo di 10mila euro nel corso di ciascun anno fiscale. Il limite, tuttavia, è relativo all'impresa e non al singolo lavoratore impiegato per il quale resta ferma la limitazione di 5mila euro annui con riferimento allo stesso committente.
La forma del contratto. E’ assolutamente libera.
La retribuzione. Con la legge Biagi ha debuttato una modalità particolare di pagamento del corrispettivo, che tra l’altro è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore accessorio. Il pagamento, infatti, avviene mediante la consegna di buoni lavoro - acquistati in precedenza dai datori di lavoro presso le rivendite autorizzate - dal valore nominale fissato da un decreto del ministro del Lavoro, in base alla media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini. Una volta ottenuti i buoni si dovranno presentare ai centri autorizzati che di fronte al valore nominale del buono hanno una pluralità di chance:
- trattenere una percentuale come rimborso spese del servizio prestato;
- versare i contributi Inps (13%) e Inail (7%) dovuti;
- pagare il restante importo al lavoratore;
La normativa di riferimento.
- Decreto ministeriale del 1° marzo 2006, n.1
- Legge n. 80/2005, articolo 1-bis;
- Decreto ministeriale del 30 settembre 2005;
- Decreto legislativo 251/2004;
- Decreto legislativo 276/2003, articoli 70-74;
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