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Tutto bene, ma ora agli Azzurri è lecito chiedere gioco |
di Massimo Donaddio |
AMBURGO - Missione compiuta per l'Italia di Marcello Lippi. Il primo turno è stato superato egregiamente, con sette punti sui nove disponbili, e con il primato nel girone eliminatorio, quello che ha visto gli Azzurri lottare contro Ghana, Stati Uniti e Repubblica Ceca. Il superamento di questo delicato passaggio rende onore al team italiano, che è riuscito a imporsi come voleva il pronostico, e soprattutto spazza via - almeno per il momento - l'incubo Brasile, che sarebbe calato inesorabile sulla squadra in caso di passaggio del turno al secondo posto nel girone. I verdeoro dovranno invece vedersela con il Ghana, la sopresa di questa fase eliminatoria, che ha battuto sul campo ceki e statunitensi e si è dovuto arrendere, nella prima partita, solo ad un'Italia piuttosto volitiva. Onore anche alla formazione africana per il suo risultato storico, e non importa se sulla sua strada si trova ora quegli assi di Kakà e company: il risultato ghanese è già brillante di per sé, e tale da giustificare la goiosa festa africana che impazza per le strade di Germania e partitcolarmente ad Amburgo, sede di una nutrita comunità di immigrati. Se poi gli africani dovessero battere anche la mitica Seleĉao, allora non basterebbero più le strade e le piazze del Paese di Goethe, per contenerne la festa eplosiva.
Se il Ghana ha tutti i motivi per gioire, la Nazionale azzurra, invece, ne ha più d'uno per riflettere. Il girone eliminatorio ha evidenziato, come era inevitbile, luci e ombre del team azzurro. La valutazione, ovviamente, non può prescindere dai numeri, e quindi da due vittorie - entrambe piuttosto nette e pulite - e da un pareggio: ebbene, questi numeri ci dicono che l'Italia è vincente, è competitiva, e può aspirare ad un posto tra le grandi di questo torneo. Ma questa non è una sconvolgente novità. Sarebbe piuttosto strano il contrario, se cioè l'Italia avesse dovuto interrompere qui il proprio cammino mondiale. Gli Stati Uniti lo hanno fatto perché non sono una squadra competitiva sotto il profilo tecnico; la Repubblica Ceca è alla fine di un ciclo importante, schiera in campo giocatori di età ormai avanzata, e non ha un reparto offensivo che possa impensierire una difesa ben organizzata quale è stata, comunque, quella italiana.
All'Italia i tifosi e gli amanti del calcio chiedono però anche un buon gioco, fantasia, classe, capacità di stupire ancora l'avversario e il pubblico: chiedono una magia a qualcuno dei nostri campioni e non si rassegnano se la gara scorre via sotto blindatura, o con qualche goal frutto di episodi imprevedibili. Certo, il calcio è anche questo, e le formazioni più competitive sono quelle che riescono a tirare fuori dal cilindro, in un momento di difficoltà, il colpo da maestro che sblocca e risolve la situazione. Fino ad ora lo ha fatto anche il Brasile, che ha cominciato un po' in sordina, e, al momento opportuno lo fa anche l'Italia. Il colpo di testa del "panchinaro"Materazzi e il goal in volata dell'avvoltoio Pippo Inzaghi ben rappresentano la spietatezza di una squadra che non ha ancora convinto sul piano del gioco, ma che per ora riesce a sferrare la zampata vincente quando serve. Certo, gli Azzurri fanno giocare troppo la palla alla squadra avversaria, confidando nella forza straripante di capitan Cannavaro e nella saracinesca di Gigi Buffon, portierone paratutto.
In fase propositiva le idee, però, sono ancora poco chiare, e si annebbiano del tutto quando non c'è Andrea Pirlo a dettare i tempi. Francesco Totti è irriconoscibile e quasi inguardabile: deve farne molta di strada prima di tornare ad essere il formidabile campione che tutti conosciamo, capace di alternare un "cucchiaio" ad una fucilata da fuori area, un lancio telecomandato ad un passaggio filtrante in profondità. È chiaro che se riuscirà a ritrovare la condizione, la Nazionale potrà giovarsi di un uomo determinante in più. Così come deve crescere Alberto Gilardino, marcato a vista dai ceki, che però, guarda caso, si sono fatti sfuggire una vecchia volpe sempre pronta a colpire come Inzaghi. Recuperato Zambrotta, il centrocampo deve riuscire a ritornare snodo nevralgico della manovra azzurra: diversamente la Nazionale sarà solo costretta a chiudersi in difesa e a ripartire in contropiede.
Archiviata la pratica del girone, la formazione di Lippi è chiamata ora a giocarsi la qualificazione a viso aperto partita dopo partita: se vuole toranre ad entusiasmare i tifosi deve arricchire i suoi risultati con un gioco più fluido, meno contratto e preoccupato, possibilmente più divertente e spettacolare, pur senza perdere la doverosa concretezza e attenzione in fase difensiva.
Gli Azzurri sono attesi infatti da un cliente piuttosto ostico, la nazionale australiana del "Mago" Guus Hiddink, qualificatasi agli ottavi dietro il Brasile, grazie al 2-2 con la Croazia. Ben preparati sotto il piano fisico e abilmente organizzati da un maestro della tattica come il coach olandese, i canguri venderanno sicuramente cara la pella e proveranno a fare più di uno scherzo al team di Lippi. Non sono dotati di un reparto offensivo strarodinario, ma corrono e sono ben ordinati in campo. Proprio in situazioni come queste una Nazionale di valore deve mostrare la sua superiorità tecnica e deve proporre del buon calcio. Consapevole che l'avversario è alla sua portata, ma determinata a metterci l'anima per continuare il cammino mondiale. Gli Azzurri devono ancora crescere: le partite decisive si giocano adesso, e l'Italia deve farsi trovare pronta ad ogni (felice) evenienza.
23 giugno 2006