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Facciamo gli scongiuri, per ora è l'Italia che gioca meglio
di Mattia Losi


La buona notizia è che l’Italia, tra le grandi nazionali presenti al mondiale, è quella che finora ha giocato meglio e vinto in modo più netto. La cattiva notizia è che siamo solo alla prima partita di un torneo lungo e faticoso, nel quale partire meglio degli avversari può avere al massimo il valore di un’indicazione generica. Di fatto, però, godiamoci questa Italia, soprattutto dopo aver visto all’opera il Brasile, tanto atteso quanto deludente sul piano del gioco. Ma andiamo con ordine, facendo una breve panoramica delle squadre che possono aspirare a vincere il titolo.

Il Brasile, dicevamo, ha deluso chi si aspettava subito scintille. A parte il gol di Kakà e qualche sprazzo di Ronaldinho si è visto davvero poco: Ronaldo è sembrato impresentabile (ma è difficile pensare che rimanga così per tutto il torneo), Adriano si è esibito sui livelli bassi mostrati nell’ultima stagione all’Inter. Il centrocampo ha fatto poco filtro, la difesa ha dovuto faticare non poco per contenere la Croazia. Brasile non più superfavorito? E’ meglio essere cauti, perché non si devono sottovalutare alcuni aspetti: la Croazia, innanzitutto, ovvero un avversario ostico per chiunque, contro il quale Ronaldinho e compagni hanno saputo vincere pur giocando male, una caratteristica che in un mondiale premia sempre. Poi la difesa. Tutti ci aspettavamo un Brasile fatto solo di attacco, e invece abbiamo scoperto che ha un reparto arretrato di altissimo livello: puntuale nelle interdizioni, rapido nei recuperi, solido in porta con un Dida che sembra aver ritrovato la vena migliore. La domanda è retorica, ma inevitabile: se si mettono pure a giocar bene, chi li batte?

Meglio del Brasile, dopo la prima partita, è l’Argentina. Non ha stravinto, non è apparsa irresistibile, ma ha dato la sensazione di essere squadra solida e con direttore d’orchestra (Riquelme) in grado di indossare degnamente la maglia numero 10 che fu di Maradona: senza dimenticare che devono ancora entrare in gioco Messi e Tevez, che la critica internazionale indica come due dei più straordinari talenti degli ultimi anni.

Più o meno sullo stesso piano, ossia senza aver suscitato particolare impressione, Germania, Olanda e Inghilterra. I padroni di casa hanno stranamente giocato a chi segna di più (insolito per una nazionale tradizionalmente solidissima nel reparto arretrato) ma per una valutazione corretta occorre ricordare che sono, per l’appunto, i padroni di casa. E la Germania, in Germania, finora non ha mai perso una manifestazione internazionale, anche contro squadre che la sovrastavano dal punto di vista del gioco (basta ricordare la grande Ungheria nel 1954 e l’Olanda nel 1974). Difficile pensare che non faccia strada.

Inghilterra e Olanda meritano una seconda opportunità, ma finora hanno riproposto un copione già noto: gli inglesi, tolto il mondiale del 1966 (vinto in casa) hanno sempre fallito, gli olandesi mostrano un gioco innovativo (con due laterali larghissimi che ricordano tanto il Barcellona) ma finiscono con il perdersi quando conta solo la concretezza.

Male, decisamente male, la Francia, messa in crisi da una Svizzera solida che, tuttavia non può essere certo considerata una nazionale di primo livello: Zidane è al passo d’addio, Trezeguet è stato lasciato in panchina, Henry è apparso stanco. A prima vista, una rivale in meno per gli Azzurri.

Dopo il primo turno una ipotetica classifica qualitativa vede quindi l’Italia in prima posizione, seguita dall’Argentina, e dalle altre più o meno allineate tra loro ma staccate dalle prime due.
Il rischio è adesso quello di illudersi, pensando a un’Italia più forte e ad avversari più deboli delle attese. Senza dimenticare che, all’interno della nostra Nazionale, è scoppiato il caso Del Piero, che reclama un posto da titolare e non giova certo al mantenimento di un clima sereno.
Che Del Piero sia un ottimo giocatore è innegabile; che sia stato decisivo con la Juventus per vincere in campo nazionale e internazionale è altrettanto innegabile. Ma non bisogna dimenticare che, con la maglia azzurra, ha sempre deluso nei momenti decisivi. Nel 1998 pretendeva il posto da titolare e finì per giocare male penalizzando un Roberto Baggio che aveva ancora molto da dire sul campo. All’Europeo del 2000 tutti lo ricordiamo sbagliare in finale, per ben due volte, il gol che avrebbe chiuso la partita a nostro favore. Al mondiale di Corea stesso copione, con un Del Piero lontano parente di quello visto in bianconero.
Speriamo che smetta di fare polemica sul presunto diritto di giocare e si riprenda: in caso contrario rischierà di essere, per l’ennesima volta a una manifestazione internazionale per nazioni, il nostro uomo in meno.

ml@ilsole24ore.com

14 giugno 2006

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