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I due tornei del calcio italiano
di Mattia Losi


I due tornei più importanti per il calcio italiano si giocano, quasi in contemporanea, sull’asse Amburgo-Roma: nel primo, senza dubbio più onorevole, la nostra nazionale supera la Repubblica Ceca e si appresta a disputare una sequenza di ottavi e quarti di finale tra i più agevoli nella storia della Coppa del mondo.

Nel secondo, disonorevole in quanto figlio di imbrogli, illeciti e soprusi, il verde dell’erba lascia il posto al colore più cupo delle aule di giustizia. Sportiva, è vero, ma pur sempre giustizia: con imputati, avvocati e giudici a determinare un risultato che, comunque vada, non sarà frutto di guizzi, scatti, dribbling o rovesciate spettacolari.
Ad Amburgo è andata bene: il 2-0 con il quale gli azzurri hanno eliminato Nedved e compagni ci manda agli ottavi di finale contro l’Australia e, facendo gli scongiuri, subito dopo ai quarti contro la migliore tra Corea, Svizzera e Ucraina. Un percorso teoricamente morbido, che facilita il disegno iniziale di Marcello Lippi: portare la nazionale al massimo della forma fisica a partire da quarti, per sfruttare una maggiore freschezza atletica contro avversari come Argentina, Brasile e Germania che hanno qualcosa in più dal punto di vista tecnico (le prime due) o ambientale (i padroni di casa). A questo punto non arrivare in semifinale sarebbe un delitto, perché se Lippi ha ragione rischiamo di giocarci il titolo di campioni del mondo esattamente nelle condizioni volute dal nostro ct. Non sarà facile, perché non dobbiamo dimenticare di aver vinto in 11 contro 10 e di avere ancora molta strada da fare verso il pieno recupero di Francesco Totti, ma in questo caso un po’ di cabala ci fa ricordare il pessimo Paolo Rossi delle prime tre partite di Spagna ’82, trasformatosi come per incanto pochi giorni dopo nel “hombre del partido” che tutto il mondo di invidiava.
Del torneo che si gioca nelle aule di giustizia, e che si concluderà più o meno nei tempi del mondiale, conosciamo ancora troppo poco: il procuratore federale, Stefano Palazzi, ha ufficializzato la lista dei convocati (i deferiti) ma non sappiamo quali sono le sanzioni richieste. Sappiamo solo che l’arbitro ha fischiato, ma attendiamo di capire se concederà fallo a due, punizione di prima o rigore e, soprattutto, se i cartellini estratti saranno gialli o rossi. Tentare di fare i giudici sulla base delle intercettazioni telefoniche, o meglio sulla parte delle intercettazioni che sono state rese note, non è un esercizio difficile: è semplicemente inutile. E la teoria, in questo caso, ci aiuta ancor meno di quanto possa fare mentre si tenta un pronostico su Italia - Australia.
La speranza è che la giustizia sia giusta. Non esemplare, andando oltre il dovuto nel punire i colpevoli, e non morbida, adagiata verso l’interesse superiore del gioco del calcio: semplicemente giusta. E già così per molti non sarà facile da accettare, in un Paese dove da quando è scoppiato il caso Moggiopoli si inneggia al “tutti colpevoli, nessun colpevole”, dove in troppi tentano di dettare la linea ai giudici sportivi, dove si minacciano agitazioni di piazza per intimidire chi dovrà decidere su quanto marcio sia stato il sistema negli ultimi anni.
Così, per avere una risposta diretta e serena sulla vicenda del calcio malato, siamo dovuti tornare ad Amburgo, nel dopo partita di Italia - Repubblica Ceca. Alla domanda: “Se la Juventus fosse davvero colpevole di tutto quello di cui viene accusata, sarebbe giusta la retrocessione?”, Pavel Nedved ha risposto immediatamente con un monosillabo: “Si”. Molto meglio di tanti discorsi, diamogli un altro Pallone d’oro.

ml@ilsole24ore.com

23 giugno 2006



 

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