di Stefano Folli

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Il Punto
Dopo lo scudo fiscale, una legislatura cui dare un senso
2 Ottobre 2009
Nella strana, perdurante bonaccia che caratterizza la politica in questo inizio d'autunno si accendono e si spengono polemiche violente quanto effimere, come altrettanti bengala nella notte. Fa notizia «Annozero» che intervista la famosa Patrizia D'Addario e s'inasprisce il conflitto sul ruolo del servizio pubblico. Ma ha il sapore di un «déjà vu» in cui ognuno recita una parte. Anche perché la vicenda, certo scabrosa, tiene banco da mesi ed è stata sviscerata in ogni dettaglio.

La verità è che alla bonaccia si accompagna una sottile ma insistente nevrosi che scandisce la vita quotidiana intorno ai palazzi romani. Il sistema in apparenza tiene, non è scalfito da scandali, rivelazioni, vicende boccaccesche... Ma è come se fosse corroso al suo interno alla stregua di un albero scavato dalle termiti. Non succede quasi niente, ma potrebbe accadere di tutto, mentre un giorno segue l'altro.
In questo clima tutti attendono. Cosa? Il responso del congresso del Pd e delle primarie, per esempio. Perché la principale formazione del centrosinistra è da troppo tempo assente dal dibattito politico, tutta presa dalle sue questioni interne. Il futuro leader - Bersani, si prevede - avrà il suo daffare per restituire al più presto al partito un profilo pubblico convincente e una capacità reale di interloquire con la maggioranza.

In secondo luogo si attende che Berlusconi decida che impronta dare alla legislatura. Giorni fa il «Foglio» elencava, sotto forma di domande al premier, una serie di cose da fare: dalle infrastrutture a un fisco più leggero, dalla difesa nazionale al riformismo istituzionale. La sensazione è infatti che la nave del governo abbia le vele afflosciate, proprio ora che ci sarebbe bisogno di riempire la stabilità politica con qualche contenuto innovativo.

In fondo l'alleanza tra popolari e liberali in Germania è stata benedetta dagli elettori perché si riconosce al centrodestra, in questa stagione dell'Europa, una capacità riformatrice più incisiva rispetto alla sinistra socialdemocratica. Esattamente quello che hanno fatto gli elettori italiani l'anno scorso, regalando alla coalizione di Berlusconi un vantaggio parlamentare senza precedenti. Sarebbe singolare se ora il centrodestra tedesco ottenesse quei risultati che il centrodestra italiano fatica anche solo a mettere a fuoco.

Del resto, sulle questioni sostanziali la maggioranza è piuttosto salda. Lo si è visto a Montecitorio nel caso dello scudo fiscale. Il presidente della Camera, Fini, più volte accusato a destra di eccessivo anti-conformismo, ha guidato in modo leale il decreto legge Tremonti verso l'approvazione. Ma lo ha fatto senza umiliare l'opposizione che ha ottenuto un giorno in più per esporre in aula le sue ragioni. È un segnale di qualche rilevanza, anche perché si evita di trasferire nelle strade tutta l'ostilità verso il decreto. In altre parole si limita, per quanto è possibile, lo spazio mediatico che Di Pietro è stato lesto ad accaparrarsi, presentandosi una volta di più come il capo di un'opposizione davvero «militante».

Sta di fatto che, al di là delle polemiche e dei dubbi etici, lo scudo tremontiano acquisterebbe un senso più chiaro se fosse collegato a una progressiva riforma fiscale, con vantaggio in particolare delle imprese. Qualcosa di simile è nei progetti di Angela Merkel, a Berlino. Se l'Italia si muovesse in quel solco, vorrebbe dire che la grande bonaccia è finita. Ma c'è da dubitarne.


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2 ottoobre 2009
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