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di Stefano Folli

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Il Punto
Stefano Folli nasce a Roma da famiglia di origini milanesi. Laureato in lettere, muove i primi passi nel giornalismo alla "Voce Repubblicana", l'organo storico del Pri allora guidato da Ugo La Malfa. Nel 1981 viene nominato direttore responsabile della nuova edizione della "Voce". Collaboratore di Giovanni Spadolini, Folli ne è il portavoce a Palazzo Chigi durante l'esperienza del primo governo a guida laica, fra il 1981 e '82. Nel 1989 passa al "Tempo" come caporedattore politico. Dalla fine del '90 è al "Corriere della Sera", come notista politico e, più tardi, editorialista, fino ad assumerne la direzione tra il 2003 e il 2004. Dal 2005 è editorialista de "Il Sole 24 Ore". Folli ha anche fondato e diretto la rivista di affari internazionali "Nuovo Occidente". Ha vinto alcuni premi di giornalismo, tra i quali il St. Vincent, il premio Ischia e il Fregene.
stefano.folli@ilsole24ore.com
Perché la tragedia di Roma può essere uno spartiacque
2novembre 2007
Dice Walter Veltroni che la tragedia a Roma della signora Reggiani può essere uno spartiacque. Si riferisce, crediamo, a un certo modo blando e lassista con cui il mondo politico ha affrontato per anni i temi legati all'intreccio fra criminalità e immigrazione. La sinistra, come è noto, sconta la peggiore immagine al riguardo e solo mercoledì sera, con il decreto sulle espulsioni, il governo Prodi ha dato l'impressione di cambiare passo.
Di certo il cosiddetto «diritto alla sicurezza » diventa il tema politico di più stringente attualità. Quello su cui si misura l'attitudine alla leadership di un Veltroni finora restio ad abbandonare la carica di sindaco della capitale. Ma proprio perciò esposto a una doppia polemica: come capo del maggior partito della coalizione e come responsabile della convivenza civile a Roma.
Dunque, lo «spartiacque» stabilisce un nuovo terreno di confronto. All'interno del centro-sinistra, prima di tutto: fra il Partito democratico, ansioso di occupare uno spazio centrista per sedurre l'elettorato moderato, e una sinistra radicale che appare in crescente crisi d'identità. In secondo luogo lo spartiacque è quello, più tradizionale, fra centro-sinistra e centro-destra. Chi rappresenta meglio il senso di insicurezza dei cittadini, il malessere sociale eccitato dai fenomeni di criminalità? Si direbbe che qui sia il territorio tradizionale della Casa delle libertà, dalla Lega ad An. Ma è evidente che Veltroni non la pensa così e si spinge a sfidare la destra sui suoi temi. Con quale credibilità e quali risultati, è tutto da vedere.
In ogni caso la tragedia di Roma presenta infinite implicazioni di ordine politico e rivela l'inizio di una campagna elettorale che potrebbe essere molto lunga. In poche oreè crollata l'immagine «buona» e suadente del sindaco-leader. Lo si è visto da come ha cercato di rigettare sul governo Berlusconi il problema degli immigrati e da come ha stretto in un angolo Prodi, imponendo una sorta di «veltronizzazione» del governo. Il senso mediatico degli eventi non manca a Veltroni. Di qui anche la scelta di spianare con le ruspe le baracche dei nomadi.
Ma l'operazione-immagine non è così semplice. In primo luogo perché la destra ha qualche freccia al suo arco e non ci sta a farsi da parte. La polemica tra Fini e Amato è un segnale e dovremo attendercene altri. Vero è che la Casa delle libertà nel complesso è sulla difensiva. Da un lato, non sarà facile per lei votare contro il decreto governativo in Parlamento; dall'altro colpisce il silenzio di Berlusconi, il quale sembra aver delegato a Fini la polemica. Come se si trattasse di una questione «romana» e non invece di una dramma con risvolti nazionali.
In secondo luogo Veltroni dovrà vedersela con il comune sentire dell'opinione di sinistra. Certo, Prodi può dire che sul decreto la «maggioranza è compatta».Sotto l'onda delle emozioni, gli antagonisti sembrano allinearsi. Ma colpisce che «Liberazione», il giornale di Rifondazione, abbia dedicato un ampio edito-riale di Piero Sansonetti al tema cruciale: «Perché restiamo in questo governo?». Una delle ragioni per cui non vale la pena starci sono proprio «le leggi far west». Questo nello stesso giorno in cui Bertinotti torna a parlare di «governo malato». Si dirà che Veltroni può essere solo contento se la sinistra radicale prende le distanze da lui, che non la vuole alleata in futuro. In realtà è una questione di tempi. La svolta moderata del Pd è più complicata di come la si vuole considerare. Contiene parecchie incognite ed è un campo inesplorato.

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