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Il Punto
Caporetto del sindacato che impone una sfida alla politica
4 aprile 2008
Per ora dell'Alitalia ci sono solo le macerie, crollate addosso alla politica a poco più di una settimana dal voto. Un diabolico regista non avrebbe potuto congegnare meglio il trabocchetto per cui si è arrivati nel momento peggiore al passaggio cruciale della trattativa per la vendita della compagnia ad Air France. Il 13 aprile è appena dietro l'angolo e la coincidenza genera, è ovvio, il massimo di instabilità politica e di tensione emotiva. Per quanto sia in corso un estremo tentativo di riannodare qualche filo con Parigi, l'ipotesi più verosimile è che lo scabroso pacchetto venga consegnato tutto intero nelle mani del prossimo presidente del Consiglio.
Ma le macerie, come si diceva, hanno già investito tutti. Non a caso un osservatore lucido come Pietro Ichino, candidato del Partito democratico, osservava ieri sera: «È la Caporetto del sindacato». La Caporetto delle infinite sigle corporative, chiuse nel loro massimalismo o nella loro miopìa, che alla fine non sono riuscite a dipanare la matassa in cui si erano invischiate nel corso degli anni. Ed è un fenomeno suscettibile di conseguenze imprevedibili che vanno al di là del caso Alitalia.
L'insofferenza di una fascia non irrilevante di dipendenti della compagnia nei confronti delle baronìe sindacali, corresponsabili del lungo declino e infine del disastro, è palpabile. Ha già dato luogo a manifestazioni di fastidio, quando non di ostilità. È difficile prevederlo, ma non si può escludere nulla: nemmeno un gesto di aperta dissociazione, quasi di rivolta, da parte di quei lavoratori che non si arrendono al fallimento e vorrebbero mandare un messaggio a Air France. Non fosse altro perché fino a poche ore fa era l'unica ipotesi realistica all'orizzonte.
C'è da domandarsi se il mondo politico sarebbe in grado di comprendere e gestire una piccola «marcia dei quarantamila», nel solco di quella storica guidata da Luigi Arisio nella Torino del 1980. Potrebbe accadere, se fosse vera l'immagine della Caporetto sindacale. Ma Ichino è uno studioso le cui analisi trovano finora orecchie distratte nel Pd che pure lo ha candidato. E per certi aspetti si capisce: a pochi giorni dalle elezioni, non si pensa a far la guerra ai sindacati, ma a combattere Berlusconi. Ecco perché a prendersela con il «massimalismo » rimane Emma Bonino, quasi solitaria; mentre Veltroni tace e altri si limitano, per lo più, ad auspicare la ripresa del negoziato con i francesi.
Sull'altro versante dello schieramento, il leader del Pdl resta alla finestra. Due settimane fa, a suo dire, la «cordata italiana» era cosa fatta, oggi si è trasformata in un «appello agli imprenditori» perché «mettano sul tavolo una fiche». Tante fiches formano un tesoretto e chissà che bastino per rilevare la compagnia, dopo che la Francia è uscita di scena. Nel frattempo qualcuno vorrà verificare i conti (la «due diligence »), ma non si capisce esattamente chi, visto che l'ultima versione della cordata berlusconiana presuppone centinaia, forse migliaia di aderenti. Senza, almeno per ora, un partner industriale, cioè un'altra grande compagnia aerea interessata all'affare.
In ogni caso si dovrà attendere il risultato elettorale. Il vincitore spiegherà agli italiani cosa intende fare e si assumerà le sue responsabilità. Quel che è certo, gli ultimi giorni prima del voto saranno avvelenati. La politica con l'Alitalia ha fallito,i sindacati pure. La Caporetto riguarda tutti.
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