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Il Punto
L'ombra del referendum più che mai incombente sui partiti
6 aprile 2007
Il referendum sulla legge elettorale è tutt'altro che scongiurato. La sua ombra si staglia, anzi, più che mai minacciosa sulle trattative in corso fra i partiti. Chi ieri mattina avesse avuto dei dubbi al riguardo, non aveva che da leggere l'intervista di Giuliano Amato a «Repubblica». Un testo lucido e interessante, ma spietato nei confronti dei negoziati in corso. In particolare della «bozza Chiti», che costituisce la proposta del centrosinistra e su cui l'Unione aveva appena trovato un faticoso accordo,di sapore molto tattico.
L'uscita di Amato colpisce uno dei cardini della bozza: il premio di maggioranza. Spezzando una lancia a favore del ritornoal collegio uninominale e a un rapporto più diretto fra elettori ed eletti.
Inutile domandarsi se dietro l'attacco al ministro Chiti si nasconda in realtà una critica a Romano Prodi, che da qualche settimana si occupa in prima persona della riforma. Più utile è cogliere nelle parole di Amato una spinta verso il sistema maggioritario,in pieno spirito referendario, e la messa in guardia contro la «frammentazione» del sistema. Che è un modo per esprimere irritazione verso la galassia dei partitini del 2 per cento, o poco più, che condizionano la vita politica.
Resta da capire perché il ministro dell'Interno ha deciso di tagliare la strada al presidente del Consiglio in modo così plateale, sul terreno dove si gioca la stabilità dell'esecutivo. Una risposta è che Amato ha voluto dar voce a quel sentimento,assai diffuso nella società civile, che guarda con fastidio alle manovre partitiche per evitare il referendum. È evidente che le segreterie si sono mosse solo perché si sono sentite puntare alla tempia la pistola del referendum, che non è affatto una«pistola scarica»,come dicono gli uomini di Mastella.
La risposta della società politica al pericolo ha prodotto due ipotesi abbastanza simili, riconducibili a Calderoli e,appunto,a Chiti. Due ipotesi che rappresentano un modo per accontentare quasi tutti, cioè l'infinito arcipelago dellesigle che popolano ilParlamento. Come tali, queste ipotesi rischiano di essere una costruzione artificiosa, destinata a crollare nel momento in cui comincerà la trattativa concreta.
Quel che è certo,gli unici scontenti sembrano i cristianodemocratici dell'Udc. Il loro modello tedesco non è stato preso per nulla in considerazione. Come sei passidiCasini verso un possibile «terzo polo»,lontano da Berlusconi ma anche da Prodi, avesse avuto come conseguenza immediata il suo accantonamento al tavolo del negoziato.
Vedremo nelle prossime settimane. Ma l'uscita di Amato ci ricorda che la partita della legge elettorale è tutta da giocare e forse non basterebbe nemmeno una leggina«minimalista »,varata in fretta e furia,per evitare la ghigliottina referendaria. Del resto,pulsioni a favore della consultazione popolare esistono in numerosi grandi partiti,a cominciare dalla corrente di Parisi nella Margherita ( la più vicina a Prodi,non dimentichiamolo) per continuare con una parte dei Ds e con Alleanza nazionale.
Tutti cauti e tatticamente molto coperti, per il momento, visto che la raccolta delle firme deve ancora cominciare. Ma tutti pronti a boicottare un'iniziativa legislativa che apparisse insoddisfacente e poco incisiva. Amato si è collocato fra la società civile e questi segmenti del mondo politico,insofferenti verso i «ricatti» dei partitini. E ci ha ricordato che la riforma elettorale è una montagna molto alta da scalare.


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