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di Stefano Folli

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Il Punto
La frattura Nord-Sud resta la minaccia più insidiosa per l'autunno
6 Agosto 2009
C'è il Generale Agosto dietro certe uscite un po' avventurose della Lega in questi giorni. Lasciamo stare le «gabbie salariali», che è un tema complesso, lanciato e poi ridimensionato da Calderoli sull'onda di statistiche da cui si evince quello che già si sa: al Sud la vita costa meno che al Nord. Ma l'idea di ritoccare l'articolo 12 della Costituzione in modo da affiancare alla bandiera tricolore i vessilli regionali, ha proprio il sapore di una furberia estiva. Un modo per acchiappare qualche titolo di giornale e un paio di servizi televisivi. Fa il paio con l'altra iniziativa, volta a introdurre l'insegnamento dei dialetti (o qualcosa del genere, non si è capito bene) nelle scuole.
Umberto Bossi sa perfettamente che il federalismo è una cosa discutibile, ma seria. Immiserirlo con una proposta di legge senza futuro, solo per riconoscere alle regioni un simbolo della loro «identità», ovvero insistere con i dialetti, confina con il grottesco. Eppure il testo leghista porta la firma del capogruppo a Palazzo Madama, Bricolo. È senz'altro un gioco sotto l'ombrellone, e tuttavia forse non solo questo. Serve a guadagnare alla Lega un supplemento di visibilità, sempre utile a meno di un anno dalle elezioni regionali, ma si propone anche un obiettivo politico immediato.

Si tratta di tenere sotto pressione la maggioranza di centrodestra, di cui pure il Carroccio fa parte. È tipico di Bossi, è il suo modo di essere «di lotta e di governo». Tanto più che il bersaglio vero sembra essere il presidente del Consiglio. È sulla sua testa che la Lega tiene sospesa una spada di Damocle permanente. La campagna estiva, a parte la stravaganza dei temi, ha lo scopo di ricordare all'opinione pubblica (ovviamente a quella settentrionale) che l'«azionista di riferimento» dell'esecutivo è e rimane il partito leghista.
Berlusconi è «uno che si dà molto da fare con le donne, anche se la chimica lo aiuta»: parole di Bossi. Dove si capisce che l'appoggio al leader storico della coalizione non è esente ormai da qualche grossolana ironia. Anche questo è un modo per far capire al popolo che la Lega si considera l'anima e il motore del governo.

Del resto, il vertice del Carroccio ha tutto l'interesse a incoraggiare l'impressione che sia in atto una «secessione strisciante». I dialetti, la bandiera, le differenze con il Mezzogiorno... Nel gioco mediatico il Nord si distingue, risponde colpo su colpo al «partito del Sud» affamato di finanziamenti, sottolinea che l'unità d'Italia è una condizione mal sopportata. Sono segnali politici d'impronta ferragostana, sì, ma guai a sottovalutarli in vista dell'autunno. Specie se la crisi economica s'inasprirà, la Lega si prepara ad accentuare la sua autonomia. A far pesare il suo sostegno al governo. A scavare un fossato più profondo tra il settentrione e il meridione.
La divaricazione politica tra le due aree del paese, peraltro, è già in atto. Ed è qui la vera, grave minaccia che Berlusconi dovrà fronteggiare. Le inquietudini sudiste sono state per ora tamponate, ma nessuno crede che siano cancellate. E il premier non può permettersi di farsi stringere in una tenaglia da due forme di ricatto contrapposte, sempre più aspre via via che ci si avvicina alle regionali. Palazzo Chigi deve continuare a essere il punto d'equilibrio dove si ricompone l'unità nazionale. Altrimenti la spinta centrifuga del Nord e del Sud può diventare distruttiva. Più di qualsiasi scandalo «sexy».


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6 AGOSTO 2009
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